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Logistica e Trasporti

Trasporto via mare, ecco il portacontainer elettrico e autonomo

Ad agosto Tesla consegnerà i primi due esemplari alla compagnia olandese Port Liner. L’investimento supera i cento milioni, l’autonomia è di 15 ore

Nell’era della mobilità sostenibile, prima o poi doveva accadere: anche il trasporto via mare diventa elettrico. A giorni arriveranno nei Paesi Bassi i primi due esemplari di portacontainer progettati e prodotti da Tesla, a trazione completamente elettrica. Il che significa zero emissioni in atmosfera – si stima un risparmio di 18mila tonnellate di anidride carbonica l’anno – ma non solo. I nuovi portacontainer sono infatti un concentrato di tecnologia: basti pensare che non necessitano di equipaggio a bordo, perché sono mossi da intelligenza artificiale. Per la compagnia di navigazione olandese Port Liner, si tratta di un investimento che supera i cento milioni di euro, 112 per la precisione. Ma, secondo le prime indiscrezioni, questo è solo l’inizio di quella che ha tutte le carte in regola per essere una vera rivoluzione green nei porti olandesi.

Intelligenza artificiale ai comandi

La batteria consente un’autonomia di 15 ore, ma Tesla sta lavorando per accrescerla

I portacontainer di Tesla sono lunghi 52 metri e larghi 6,7 con una capacità di 24 container da 20 piedi (circa 32 metri cubi) e un peso massimo di 425 tonnellate. Le dimensioni non sono casuali: sono infatti state ottimizzate per passare sotto i ponti, nelle vie navigabili interne del Belgio e dei Paesi Bassi. Il funzionamento dei portacontainer è infatti previsto per il caricamento dai porti di Anversa, Amsterdam e Rotterdam. Funzionano con batterie caricate a terra dal fornitore di energia Eneco e sono dotati di un alimentatore, che permette un’autonomia stimata fino a 15 ore. Quando si parla di trazioni elettriche, l’aspetto più critico è proprio quello dell’autonomia, tanto che Tesla sta lavorando affinché il numero di ore possa essere raddoppiato. L’equipaggio – che comunque sarà a bordo – non è indispensabile: le chiatte sono infatti progettate per muoversi autonomamente, grazie all’intelligenza artificiale. Un aspetto, quest’ultimo, particolarmente rilevante, soprattutto se si ripensa ai disagi che hanno subito i trasporti per via della pandemia.

Un progetto in espansione

A quanto pare, l’arrivo dei due portacontainer elettrici segna solo il primo passo di quello che sembra essere un progetto di una certa portata. Tesla starebbe infatti lavorando ad altre sei navi, ancora più efficienti: sono infatti lunghe oltre 110 metri con una capacità di 270 container e un’autonomia di 35 ore.
Dell’investimento totale, che come si è detto supera i 100 milioni di euro, circa sette arrivano dall’Unione europea e da fondi portuali, segno che il progetto è di interesse trasversale.

E il trasporto su gomma?

Anche i costruttori di veicoli industriali stanno lavorando all’elettrificazione del trasporto merci, ma al momento sono due i limiti: l’autonomia (bassa) e la ricarica, che richiede tempo e infrastrutture. E, pertanto, i (pochi) modelli in circolazione sono per lo più impiegati nella distribuzione urbana o nei lavori pubblici. Per il trasporto su gomma di lungo raggio, invece, sembra essere più plausibile che la vera rivoluzione arriverà con l’idrogeno. Le prove tecniche sono in corso: più di un costruttore si sta cimentando nella messa a punto di un veicolo basato su questa tecnologia, tanto che nascono collaborazioni trasversali tra case che costruiscono veicoli e fornitori di tecnologia a idrogeno. I vantaggi sono tutti quelli della mobilità elettrica – a partire dalle zero emissioni allo scarico – a cui si somma la possibilità di fare il pieno in pochi minuti e un’autonomia più che accettabile, che nei prototipi viaggia intorno ai 600 chilometri e pertanto ne fa prevedere l’impiego non solo in ambito urbano, ma anche nel lungo raggio. Quanto alle criticità, al primo posto ci sono i costi. L’idrogeno, al momento, è molto più costoso del diesel – il prezzo di un chilo di idrogeno oscilla tra i 3 e i 4,5 euro – e richiede l’installazione di una rete di distribuzione che, a oggi, è di fatto inesistente. Vi è poi il limite della capacità di carico: il sistema a celle combustibile – ossia la base della tecnologia a idrogeno – è ingombrante e pesante e pertanto devono essere messe a punto soluzioni in grado di alleggerire il peso totale del veicolo e di alloggiare la tecnologia dove non sottragga spazio alle merci. In ogni caso, le previsioni per l’industrializzazione del camion a idrogeno non sono pessimistiche: si stima che avverrà tra il 2025-2030, non oltre. 

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