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12 settembre 2025

Spreco alimentare, approvata la direttiva per dimezzarlo

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Con l'obiettivo di rafforzare la lotta allo spreco, il Parlamento europeo ha dato il via libera definitivo alla nuova direttiva europea sui rifiuti alimentari. 

Il testo approvato è il frutto di un accordo raggiunto con il Consiglio nel febbraio 2025: la nuova norma sarà pubblicata a breve sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, e a partire dalla sua entrata in vigore, gli Stati membri avranno 20 mesi di tempo per recepirla nella legislazione nazionale.  

La nuova direttiva si inserisce nel più ampio quadro dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile dell’Onu, che con l’obiettivo 12.3 mira a dimezzare entro il 2030 lo spreco alimentare pro capite a livello mondiale.

Spreco alimentare: numeri che non si possono ignorare

Secondo i dati Fao, circa un terzo degli alimenti prodotti a livello globale va perso o sprecato lungo la filiera. Nell’Unione europea il fenomeno ha dimensioni enormi: 59 milioni di tonnellate di cibo, equivalenti a circa 132 chili per persona, vengono buttate ogni anno. L'impatto economico ed ambientale è enorme: lo spreco alimentare nell’Ue costa 132 miliardi di euro l’anno ed è responsabile del 16% delle emissioni di gas serra del settore alimentare.

Tra settori più impattati quello ortofrutticolo: lo spreco di frutta e verdura si registra lungo tutta la filiera, e cioè alla produzione, nella fase di distribuzione, in ambiente domestico. 

I nuovi obiettivi

La nuova direttiva – che modifica la direttiva 2008/98/Ce – introduce per la prima volta obiettivi giuridicamente vincolanti da raggiungere entro il 2030. In particolare, l’Unione europea si impegna a ridurre del 30% lo spreco alimentare generato da famiglie, ristorazione e commercio al dettaglio, mentre per l’industria alimentare e la trasformazione il target è fissato a una riduzione del 10 per cento. Questi obiettivi si basano sui dati medi raccolti nel periodo 2021-2023.

Va detto che, rispetto alla proposta iniziale presentata dalla Commissione nel luglio 2023, che prevedeva soglie più ambiziose (40% e 20%), l’accordo politico finale ha stabilito obiettivi più contenuti per facilitare il consenso tra i Paesi membri, alcuni dei quali avevano espresso forti riserve.

Un approccio gerarchico

La direttiva introduce un approccio integrato e gerarchico nella gestione dei rifiuti alimentari. Il primo livello d’azione riguarda la prevenzione, e cioè l’adozione di misure per evitare la generazione di sprechi fin dall’origine, intervenendo già nelle fasi di produzione e distribuzione. Quando la prevenzione non è possibile, si passa al riutilizzo, privilegiando la destinazione degli alimenti invenduti ma ancora idonei al consumo a canali solidali, come le banche alimentari, oppure al riutilizzo come mangimi per animali.

In alternativa, quando il cibo non può essere recuperato per il consumo o il riutilizzo, si punta al riciclo, trasformando i sottoprodotti alimentari in risorse utili, ad esempio tramite compostaggio o la produzione di fertilizzanti. Solo come ultima opzione, quando tutte le altre possibilità sono esaurite, si ricorre al recupero energetico, cioè all’incenerimento dei rifiuti per produrre energia, evitando che finiscano in discarica.

Le responsabilità degli Stati membri

Gli Stati membri saranno chiamati a intervenire su più fronti. Dovranno innanzitutto attuare politiche efficaci per ridurre le perdite lungo la catena produttiva e logistica, così come per limitare gli sprechi nel consumo domestico. Inoltre, avranno l’obbligo di monitorare e valutare costantemente l’efficacia delle misure adottate, mettendo a punto strumenti di raccolta dati affidabili.

Sarà necessario anche rivedere la destinazione delle eccedenze alimentari, favorendone l’utilizzo alternativo, ad esempio come materia prima per la produzione di mangimi o compost, o per il recupero energetico. Un ruolo centrale verrà attribuito alle donazioni alimentari, che dovranno essere agevolate da norme nazionali in grado di rimuovere ostacoli burocratici e incentivare la partecipazione degli operatori del settore.

In particolare, gli Stati dovranno garantire che le imprese con un ruolo rilevante nella filiera alimentare facilitino la donazione di alimenti invenduti ancora consumabili, contribuendo così non solo alla lotta contro lo spreco, ma anche al contrasto dell’insicurezza alimentare.

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