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I prezzi delle ciliegie? “Un problema di calibro”

Nicola Giuliano chiede più investimenti e meno polemiche: “La filiera esiste, non abbiamo criticità”

“E’ più facile fare polemica e amplificarla sui social che trovare soluzioni”. Nicola Giuliano, Ceo della Op  Giuliano Puglia Fruit, è moderato nei toni ma determinato. Porta argomenti concreti nella lettura, offerta a myfruit.it, sulla battaglia mediatica relativa ai prezzi delle ciliegie pugliesi. Una vicenda partita da una denuncia della Coldiretti: “Pagano le ciliegie a 1 euro ai produttori e poi le rivendono a 16 nei supermarket di Milano“, proseguita con la frutta buttata a terra nel paese pugliese di Casamassima e approdata nelle pagine delle testate nazionali più diffuse. Oggi ne hanno parlato anche nella trasmissione Mi Manda Rai Tre.

Annata sfortunata: tanto prodotto, ma calibro piccolo

ciliegieIl confronto con l’imprenditore pugliese parte dai dati di base: “La stagione dal punto di vista dei parametri organolettici del prodotto è molto positiva con piante sane e frutti  saporiti“. Tutto bene? No.
“Le piante sono molto cariche perché abbiamo avuto un aprile freddo che ha favorito la sopravvivenza dei frutti soprattutto per la varietà Ferrovia, la pianta si auto seleziona e l’ha sempre fatto, quest’anno invece non ha perso i frutti e questo ha portato ai calibri piccoli. Inferiori alle aspettative e alla media storica. La produzione è raddoppiata e il mercato tende a far scendere i prezzi ma non è questo il motivo  principale della basse quotazioni“. Non sono le quantità, ma la qualità nella sua globalità a incidere. Vanno bene le ciliegie saporite, ma devono essere grandi. In questo caso: “Avremo trovato in Europa i migliori clienti per poterle vendere, ma il calibro prevalente va da 22 a 24 e sono ciliegie da prezzi bassi“.

E sul prezzo: “Non siamo concorrenziali”

Combattere sui mercati facendo leva sul prezzo? Battaglia vana. “Saremo sempre perdenti perché i costi degli altri sono nettamente inferiori. Se da noi raccogliere un chilo costa un euro negli altri paesi si oscilla dai 20 ai 30 centesimi. C’è un gap evidente e si può superare con ciliegie di alta qualità”.
In altri termini: “Con buoni calibri della Ferrovia la concorrenza degli altri Paesi, almeno nei mercati più ricchi, non ci interessava. Tutto il prodotto si poteva  collocare in Italia, gli italiani sono sempre ben disposti a pagare“. Va bene il made in Italy ma, attenzione, sottolinea Giuliano: “Nei grandi discount tedeschi e inglesi a parità di qualità e di prezzo possono anche preferire il prodotto italiano, ma quando ci sono differenze di peso tutto cambia”.

Chi ha dei buoni calibri vende a un buon prezzo

I prezzi non sono uguali per tutti: “I miei amici dell’Emilia Romagna hanno tutti ciliegie grosse, non hanno subito i nostri problemi, hanno differenti varietà e stanno ottenendo ottimi prezzi, ma i calibri vanno da 28 a 32. Le vendono come cioccolatini”.

E la protesta degli agricoltori? “Condivisibile  perché se costa 1 euro  raccogliere e  si vende a 1 euro vuol dire portare niente a casa, ma tanti produttori le vendono al doppio, ovvero tra  2 e 2,50  euro, poi ci sono quelle sotto calibro. Non dimentichiamo poi che il 20-30% delle partite ha un buon calibro e questi non hanno nulla di lamentarsi vista anche  la produzione maggiore”. Capire non vuole dire sottoscrivere tutto: “Attenzione a non combattere tra di noi, perché facciamo il gioco degli altri in questa rincorsa al colpevole ovvero commerciante o supermercato. Questa filiera ha sempre funzionato bene, quest’anno siamo stati sfortunati e dobbiamo andare nei discount con i prezzi dei discount“.

Più aggregazione? “Il problema non è la ragione sociale”

Nicola Giuliano

Nicola Giuliano

Politici, editorialisti, commentatori hanno puntato il dito sulla mancanza di strutture aggregative: “Una risposta sempre buona davanti alle crisi è indicare la mancanza di cooperative oppure consorzi, ma la questione centrale non è una ragione sociale. Abbiamo anche tentato ma la rendicontazione, le modalità di conferimento, il pagamento dopo sei mesi non attira, preferiscono il sistema dei magazzini che liquidano e pagano subito. Vorrei tranquillizzare tutta la filiera perché i magazzini non sono il problema e sono pronti a convertirsi se i produttori ci stanno. Lasciamo perdere chi vuole fare carriera e l’amplificazione provocata dai social”.

Per fortuna la tecnologia c’è e salva i bilanci

Oltre i problemi di questa stagione c’è tanto che funziona nella filiera. A iniziare dal sempre maggior rapporto con la tecnologia. “Abbiamo aggiornato tutti i sistemi con le nuove versioni, investimenti da folli visto che la campagna dura solo due mesi – sottolinea l’imprenditore -. Quest’anno senza tecnologia non avremo potuto ritirare e lavorare la Bigarreau che presentava tra il 50 e il 60% di scarto. Salvando il 30% siamo riusciti a servire clienti e la distribuzione  e senza registrare nessuna contestazione. Senza macchine, sarebbe stato un disastro. Invece di certe polemiche chiediamoci perché in Danimarca o in Gran Bretagna non si trova più un cestino di ciliegie italiane. Fino a vent’anni fa partivano 50 camion a settimana verso l’Inghilterra, oggi non ne parte più uno”.

In Puglia servono gli investimenti

Il confronto deve essere internazionale e nazionale. “In Trentino, in Emilia-Romagna, in Veneto finanziano, per esempio, gli impianti di copertura. Si può produrre meno ma in modo sicuro e soprattutto quello che vuole il mercato. In agricoltura non si più fare improvvisazione” Che fare? “Come si è fatto con l’uva: nuove varietà e rinnovare gli impianti. In questo modo siamo usciti dalla crisi, sofferta fino a 15 anni fa”. Investimenti pubblici? “Certo. In Trentino si finanziano le coperture, in Puglia non ce  ne sono. Qui i magazzini hanno investito anche sulle certificazioni etiche. Non serve la guerra alla Gdo o ai grossisti quando ci danno  gli spazi per vendere e ci fanno vendere”.

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