“Io ci metto la faccia, ma a condizione che nessuno modifichi quello che ho detto”. È sereno, ma un po’ amareggiato Mario Gasbarrino dopo il recente articolo che l’Internazionale ha dedicato ai rapporti tra Gdo e mondo della produzione agricola, con un focus particolare su quello dell’ortofrutta.
Nel corso dell’inchiesta, nella quale i produttori ortofrutticoli interpellati preferiscono rimanere anonimi, il manager esprime, come di consueto, liberamente il suo pensiero su vari temi, a partire da quello dei ristorni, sul quale però sostiene sia stato fatto un lavoro di taglia e cuci delle sue dichiarazioni che ha travisato e modificato il ragionamento generale.
Nelle dichiarazioni riportate nell’articolo de l’Internazionale sostieni che l’ortofrutta sia un “mondo alla rovescia” e che, mentre in quasi tutte le categorie merceologiche la richiesta di ristorni stia diminuendo, questo, paradossalmente, non stia succedendo nell’ortofrutta.
Partiamo da una premessa: i cosiddetti ristorni che la Gdo chiede, tutti lo sanno e io l’ho sempre detto e scritto, sono come i soldi cinesi. Le aziende li hanno sempre inseriti nei prezzi dei listini, gonfiandoli, per poi abbatterli nello sconto in fattura. Questa pratica, però, in realtà sta diminuendo sempre di più e si sta andando verso un costo netto.
Anche nell’ortofrutta?
I contributi promozionali sono stati creati dall’industria di marca per difendere i suoi listini ed ha alimentato poi la classica diatriba con i distributori che ci portiamo avanti da anni. Nell’ortofrutta, che paradossalmente non ne ha mai avuto bisogno, ho detto che in qualche caso probabilmente i ristorni stanno aumentando, anche se su valori più bassi. Ma accostare questo ragionamento alle singole dichiarazioni di produttori che dicono di pagare il 10, 12 e 15% è scorretto, non puoi farle diventare un metodo consolidato del settore, perché non è vero.
Ma gli sconti promozionali nell’ortofrutta vengono richiesti o no?
Ho detto che è un mondo alla rovescia, quello dell’ortofrutta, perché vengono fatte attività promozionali, che significa dover programmare con due o tre mesi di anticipo il prezzo di un prodotto con il rischio che poi magari, quando poi parte la campagna, il prodotto non c’è. Sono tutti sistemi distorti con i quali si brucia della ricchezza, è per questo che l’ho definito un mondo al contrario.
Quindi non c’è una sorta di “tassa” per stare a scaffale?
Assolutamente no. È questo che mi ha infastidito. Non c’entra niente il mio aver detto che il mondo dell’ortofrutta è al contrario, con questo.
Ma non c’è un rapporto impari, tra distribuzione e mondo dell’ortofrutta?
Che la grande distribuzione, cosa che succede anche nel grocery in generale, a volte faccia un po’ il forte con i deboli, non è un mistero, ma non riguarda specificatamente solo l’ortofrutta. Ma, ripeto, non si può generalizzare e sostenere l’esistenza di un sistema: dipende da catena a catena, da centrale a centrale e da cliente a cliente.