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Caporalato, “caso Saluzzo”: vero o pretestuoso?

La denuncia: “Migranti sfruttati come schiavi”. Coldiretti Cuneo: “E’ pura follia”. Gli strumenti di difesa

In tema di caporalato, ci sarebbe un “caso Saluzzo”. Sì, proprio così: secondo quando denunciato nei giorni scorsi dal magazine online Kulturjam con l’articolo “Lo schiavismo a Saluzzo, versione piemontese dell’Alabama”, l’agricoltura di eccellenza del comune della provincia di Cuneo “si fonda su migranti sfruttati come schiavi, che neppure hanno il diritto di avere sopra la testa un tetto”. Non è tardata la risposta di Coldiretti Cuneo: “Paragonare il Saluzzese all’Alabama schiavista è semplicemente aberrante e inaccettabile perché completamente lontano dalla realtà. Coldiretti Cuneo è al fianco di tutte le aziende agricole e alle istituzioni del territorio che, giustamente, si sono sentiti vessati da ingiurie, falsità infamanti e accuse tanto gravi”. 

La denuncia

Nell’articolo firmato da Giorgio Cremaschi si legge: “Mamadou, con il sostegno linguistico e umano del suo instancabile sindacalista Patrick, è intervenuto all’assemblea operaia di Bologna e ha chiesto aiuto, per sé e per almeno altri duecento suoi compagni di lavoro. Sono tutti braccianti, in gran parte africani, sulle cui spalle poggiano tutte le campagne agricole del Saluzzese”. “Mamadou e i suoi compagni – prosegue l’autore – sono tutti regolarmente assunti con contratto di lavoro, solo che questo contratto copre solo due giorni su trenta di prestazione effettiva. Ma non è per questo che Mamadou ha chiesto aiuto. Lo ha fatto perché lui e tutti i suoi compagni  non ce la fanno più a dormire nei parchi o ai bordi delle strade. Perché non solo gli schiavisti li derubano e sfruttano, ma non trovano loro neppure un alloggio”. Così i braccianti sono costretti a dormire all’addiaccio. E così ogni mattina, dopo che i caporali danno il via alla tratta dei lavoratori, arriva la polizia che sgombera i giacigli di fortuna e butta i pochi averi dei migranti. “Almeno si faccia in modo di darci una capanna, come quelle che ci sono nei ghetti di Calabria o di Puglia”, ha detto Mamadou secondo quanto riportato da Cremaschi.

Coldiretti, “Saluzzo è un modello da seguire”

“I toni dell’articolo sono sconsiderati – ha dichiarato Roberto Moncalvo, delegato confederale di Coldiretti Cuneo – Parlare di schiavitù a Saluzzo e disegnarla come una baraccopoli è assurdo, è un paragone ignobile, un tentativo vergognoso di deformare e distorcere completamente la realtà in modo assolutamente tendenzioso, per secondi fini, a noi sconosciuti, che nulla hanno a che fare con la tutela del lavoro e dei lavoratori”. “La verità – ha proseguito – è che l’aerale Saluzzese rappresenta un modello da seguire per molte altre realtà nel nostro paese e non solo. È ora di smettere di strumentalizzare il ruolo fondamentale delle aziende frutticole che offrono da decenni lavoro a migliaia di stagionali senza mai sottrarsi al tema dell’ospitalità. Parlare di schiavitù nei nostri territori è pura follia”.

“Il 90% dei braccianti extracomunitari, stiamo parlando di circa 4.800 persone – ha aggiunto Fabiano Porcu, direttore di Coldiretti Cuneo – trova sistemazione direttamente presso i produttori agricoli. In più Coldiretti Cuneo dal 2013 allestisce due campi per rispondere ai bisogni alloggiativi dei braccianti extracomunitari in possesso di regolare contratto, mettendo loro a disposizione anche dei mediatori culturali. Anche per quest’anno stiamo mettendo a punto un progetto di sistemazione abitativa e integrazione compatibile con la situazione contingente di emergenza sanitaria”. 

Le Criminal focus area e l’helpdesk

In ogni caso il problema del caporalato esiste, tanto che il ministero del Lavoro ha messo a punto due progetti. Il primo, in accordo con Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura), consta nelle Criminal focus area. Nella pratica, amministrazioni locali e nazionali e organi di polizia e di controllo possono avvalersi di infrastrutture informatiche che, grazie a immagini aerofotografiche, registreranno e analizzeranno elementi potenzialmente indicativi di attività criminose come discariche abusive, sversamenti, baraccopoli collegate al caporalato, manufatti abusivi identificando delle aree da monitorare costantemente. Il secondo (cofinanziato dal ministero del Lavoro e dall’Unione europea) è l’Helpdesk: un servizio (disponibile dal 15 giugno) creato contro lo sfruttamento del lavoro che permette un contatto multicanale con mediatori culturali e operatori. I riferimenti di contatto sono i seguenti: info@helpdeskanticaporalato.org; la linea telefonica con numero verde gratuito 800 939000; il numero whatsapp +39 350 9092008. Il servizio è attivo dal lunedì al venerdì, dalle 9.30 alle 18.00, ma le richieste di contatto fuori orario vengono comunque conservate e gestite successivamente. Le lingue disponibili sono inglese, francese, arabo, pidgin, edo/benin, wolof, mandingo, fula, pular.

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