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Frutta a guscio ed essiccata

Mandorle: sequestrate 20 tonnellate, il Tar boccia il ricorso

Al centro della scena la società pugliese Alfrus, che dà la sua versione

E’ finita con la bocciatura del ricorso da parte del Tar la storia di un carico di 20 tonnellate di mandorle californiane importate da Alfrus e bloccate nel porto di Vado Ligure (Savona) dall’Agenzia delle dogane e dagli ispettori del ministero della Salute. I quali, effettuati i necessari controlli, hanno così argomentato la scelta: il carico presenta “parti marce, presenza di rancidità, danni da insetti, larve, muffe e bave sericee”.

Ma, prima di entrare nel merito della sentenza, meglio fare un passo indietro e ripercorrere i fatti ricostruiti da Marco Preve per Repubblica.

I fatti

Tutto inizia quando nel porto ligure arriva un carico di mandorle importato dagli Stati Uniti dalla società Alfrus di Bari – la quale ha sede anche a Udine – controllata dal colosso statunitense Pomona Farming. Gli ispettori ne verificano il contenuto e, con il supporto delle analisi dei laboratori dell’Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, arrivano alla conclusione che il prodotto vada fermato perché presenta “alterazioni compatibili con una estesa infestazione da parassiti e muffe, suscettibili di determinare un possibile danno per la salute”.

A quel punto la società importatrice decide di presentare ricorso.

Cosa dice il ricorso

Ricorso con il quale i legali dell’azienda spiegano ai giudici che le mandorle non sarebbero state vendute tal quali, ma che prima della commercializzazione sarebbero state sottoposte a trattamenti industriali con “fumigazioni, lavaggi ad alte temperature e pelatura” che le avrebbero rese commestibili.

Scrivono infatti gli avvocati di Alfrus: “Premesso che sia possibile importare mandorle di varietà U.S. Standard e qualità Serious Defects (difetti gravi) – ovvero caratterizzate, nella misura del 5%, da difetti quali parti marce, rancidità, danni da insetti o da muffe, suscettibili di essere commercializzate tra operatori del settore alimentare – il preteso danno alla salute umana sarebbe necessariamente da escludersi, in considerazione del fatto che i prodotti non verrebbero commercializzati tal quali nel canale di vendita business to consumer (b2c), e che, anteriormente alla vendita business to business (b2b), sono soggetti a lavorazioni e trattamenti idonei a eliminare qualsiasi rischio per la salute umana”.

Gli avvocati di Alfrus hanno anche ricordato come “prodotti analoghi importati dalla ricorrente e sdoganati presso altri porti italiani (come ad esempio Bari, Livorno, Salerno e Trieste) sono sempre stati ammessi all’importazione sul suolo nazionale”.

La decisione dei giudici

Il ricorso è però stato respinto dai giudici del Tar: “La sola e unica motivazione posta alla base del rigetto dei ricorsi si sostanzia nell’asserita discordanza tra la destinazione d’uso indicata sul documento sanitario americano e quella indicata nel Dsce (Documento sanitario comune di entrata) – spiegano i legali di Alfrus a myfruit.it – discordanza per altro causata dalle indicazioni erroneamente fornite dal Pcf (Posto di controllo frontaliero) di Vado Ligure”.

(articolo aggiornato)

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