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Frutta a guscio ed essiccata

Frutta secca: ottime opportunità per l’agricoltura italiana

riccardo calcagni
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Autore Redazione

Ma Riccardo Calcagni, Ceo di Besana, avverte: “Occorre fare sistema e investire nella smart agriculture”

La frutta secca presenta una situazione che vede i consumi mondiali in netto aumento. Il territorio italiano, peraltro, ha caratteristiche pedoclimatiche ottimali per la coltivazione di alcune varietà di frutta in guscio, con produzioni di eccellenza uniche al mondo. Per l’agricoltura nazionale si tratta dunque di una grande opportunità. Tuttavia occorre innovare ed evolversi verso la smart agricolture, facendo al contempo sistema, per poter reggere il colpo di una concorrenza sempre più estesa ed agguerrita.

È questo quanto è emerso dallo studio elaborato da Besana e presentato dal Ceo, Riccardo Calcagni, durante il Meeting Ortofrutta Italia-Germania organizzato da Fruchthandel Magazine, che si è tenuto dal 2 al 4 marzo scorsi.

Nocciole, mandorle, noci, pinoli e pistacchi sono del resto da sempre fiore all’occhiello dell’agricoltura italiana e rappresentano la forza propulsiva del gruppo Besana, che proprio quest’anno taglia il prestigioso traguardo dei 100 anni con importanti investimenti in innovazione, partenariati e sostenibilità.

Durante il suo intervento, Calcagni ha fornito alcuni dati (fonte: Inc) relativi agli attuali consumi di frutta secca a livello mondiale, che hanno abbondantemente superato i due milioni di tonnellate. È l’Europa il continente con il consumo maggiore (26%), seguito a ruota dal Nord America (23%) e dall’Asia (20%).

Nocciole, Italia seconda produttrice mondiale

Per quanto riguarda la produzione di nocciole, l’Italia conserva ancora saldamente il secondo posto a livello mondiale, con una produzione che nell’ultima annata è quasi raddoppiata rispetto a quella precedente e che oggi si attesta sulle 165mila tonnellate. Primo produttore rimane la Turchia, con 710mila tonnellate, mentre al terzo gradino del podio ci sono gli Stati Uniti (63.800 tonnellate), incalzati dalla Georgia (61mila tonnellate). A livello di ettari coltivati a nocciolo, del resto, attualmente il Belpaese è ai massimi storici (fonte: Fao): dai 52.600 ettari di inizio Anni Sessanta, oggi le superfici coltivate sono oltre 79mila ettari. All’interno di queste, si annoverano anche tre produzioni di qualità: la Tonda Gentile, che in Piemonte è spesso certificata Nocciola Piemonte Igp, poi la Tonda di Giffoni Igp e la Tonda Gentile Romana Dop.

Per quanto riguarda le mandorle, invece, l’Italia occupa il nono posto a livello mondiale, con una produzione di 10mila tonnellate, nell’ambito di una classifica che vede saldamente al primo posto gli Stati Uniti, con oltre 1,3 milioni di tonnellate di produzione, seguiti a lunga distanza da Spagna e Australia (fonte: Almon Board of California). In questo caso, per quanto riguarda la produzione di mandorle italiane, negli ultimi sessant’anni si è assistito a un netto decremento degli ettari allevati, che dai 316mila di inizio Anni Sessanta sono arrivati ai 54.441 di oggi, con una tendenza alla costanza su tali livelli che perdura da quasi un decennio. Potenzialmente una coltura che ha ancora grandi possibilità, dunque, anche perché non mancano varietà di alta qualità (Tuono, Filippo Ceo, Pizzuta D’Avola, Prima Bari, etc.).

Noci, siamo fuori dalla Top ten

L’Italia è poi fuori dalla top ten nella classifica dei produttori di noci, dove a farla da padrone sono la Cina (oltre 1 milione di tonnellate) e gli Stati Uniti (oltre 707 milioni di tonnellate) – Fonte: Inc. In questo caso, il Belpaese si attesta poco sotto le 20mila tonnellate, in leggera crescita comunque a livello tendenziale. Dopo gli oltre 33.000 ettari di noceti presenti in Italia a inizio Anni Sessanta, questa coltura ha toccato il suo minimo storico a inizio Duemila, per poi iniziare una lenta ripresa fino ai 4.670 ettari attuali (fonte: Fao).

“È evidente, già da questi pochi dati – commenta Riccardo Calcagni – che l’Italia ha tuttora diverse potenzialità inespresse nell’ambito della frutta secca. Occorre in primo luogo promuovere un “nuovo Rinascimento” per la cultura della frutta secca, per troppi anni ingiustamente attaccata a livello mediatico e, solo di recente, riscoperta per le sue tante virtù salutistiche e per essere un’importante fonte naturale di energia. Dal punto di vista produttivo, invece, restano sul tavolo due grandi problemi da risolvere, strettamente correlati tra loro. Da un lato, paghiamo spesso lo scotto di sistemi di produzione talvolta arretrati, a partire dalle stesse tecnologie impiegate e da una difficoltà a fare investimenti ad hoc. Dall’altro, sussistono ancora alcuni ostacoli da superare per chi vuole investire nella moderna agricoltura: la ridotta estensione di tanti appezzamenti, ad esempio, il costo del terreno agricolo e la capacità di cooperare per fare sistema, ancora poco sviluppata -soprattutto nelle zone di coltivazione della frutta secca del centro e sud Italia. Le potenzialità per credere in una grande Italia della frutta secca, tuttavia, ci sono tutte: oltre al supporto che può garantire una realtà consolidata come la nostra, attraverso partenariati e know-how, le biotecnologie, come ad esempio la propagazione in vitro, permettono di avere piante omogenee dal punto di vista genetico e con maggiori garanzie fitosanitarie. Le premesse per fare bene – conclude Calcagni – ci sono tutte. Noi di Besana siamo pronti e siamo in prima linea per fare la nostra parte”.

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