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Focus GDO

Orsini&Damiani: “No alle barricate lungo la filiera”

Il climate change complica le dinamiche del reparto ortofrutta: “La vendita assistita non è obsoleta, il know-how delle persone è prezioso”

“Quella dei consumi è una nota drammatica, continuano a calare e il cambiamento climatico ha un ruolo di primo piano, perché destabilizza il consumatore”. Esordiscono così Alessandra e Laura Damiani, rispettivamente responsabile vendite e controllo qualità e responsabile produzione e marketing di Orsini&Damiani, l’azienda ortofrutticola di famiglia fondata nel 1968 con sede a Monteprandone (Ascoli Piceno).

Clima impazzito, consumatore disorientato

“Un mese fa era primavera, poi è tornato il freddo, ma infondo quest’anno l’inverno è proprio mancato – argomenta Alessandra Damiani – Di conseguenza il consumatore non sa come orientarsi nel reparto ortofrutta, gli mancano dei punti fermi, basti pensare che abbiamo venduto più cavolfiori a settembre che a febbraio. Anche lato produzione non è facile gestire il clima impazzito, perché  abbiamo dovuto anticipare la raccolta di diverse referenze, con il risultato che in alcuni momenti dobbiamo gestire i surplus, in altri i buchi produttivi”.

Così diventa difficile la programmazione e così si complicano i rapporti con la Gdo: “In un momento complicato per tutti – rileva Alessandra Damiani – il nostro invito è di non alzare barricate lungo la filiera. Ogni anello dovrebbe cercare di fare il proprio meglio, in un’ottica di collaborazione. Solo così la supply chain può essere efficace”.

Con l’inflazione si acquista meno, ma meglio

Anche l’inflazione è un aspetto che incide sulle scelte del consumatore, ma secondo le sorelle Damiani l’effetto non è del tutto negativo: “Di sicuro si assiste a un ripensamento dei consumi – precisa Laura Damiani – il consumatore pone maggiore attenzione alla spesa, e dunque compra meno, ma meglio, perché con il potere d’acquisto ridotto gli errori, gli sprechi e gli acquisti sbagliati pesano di più. Per questo motivo il consumatore andrebbe informato e orientato, il rapporto diretto paga”.

La vendita assistita non è obsoleta

Dunque la vendita assistita in reparto non è anacronistica: “Bisogna crederci, a nostro parere l’investimento sulle persone non passa mai di moda – sottolinea Laura Damiani – Siamo convinte sostenitrici della formazione e della valorizzazione del personale, operatori con competenze specifiche sull’ortofrutta e sulle tecniche di vendita a nostro avviso potrebbero fare la differenza anche tra i banchi della Gdo. D’altro canto è sotto gli occhi di tutti: la stessa referenza presentata nei punti di vendita di insegne diverse può figurare meglio o peggio a seconda di come il personale del negozio la gestisce”.

Il tema della comunicazione e dell’informazione del consumatore resta dunque centrale. A tal proposito Laura Damiani delinea il ruolo dei produttori: “Con l’aiuto delle confezioni veicoliamo informazioni precise e dettagliate sui nostri prodotti, ma possiamo arrivare fino a un certo punto – analizza – Diverso è ricevere spiegazioni dal personale, magari anche accompagnate da un sorriso”.

Il confezionato è meglio? “Ni”

In generale, secondo le sorelle Damiani, in questo momento storico non ci sono referenze che stanno andando meglio, è l’andamento climatico a orientare l’acquisto. “Con le temperature in aumento vanno di più i pomodori, se torna il freddo il consumatore si sposta sulle verdure da consumare cotte – sintetizzano – Anche il confezionato non agevola sempre l’acquisto, a volte può addirittura ostacolarlo. E pertanto, se il prodotto può farne a meno, tante volte è meglio trovare in reparto il prodotto sfuso. Non dimentichiamo che gli imballaggi costano e che la plastica, oggi, è il diavolo”.

Packaging: occorre buon senso

Ma lo è davvero? Naturalmente no: “Se necessarie le confezioni migliorano la shelf life dei prodotti e dunque evitano gli sprechi alimentari, che sono da demonizzare tanto quanto le plastiche – sottolineano – Per le nostre confezioni scegliamo solo materie prime con almeno l’80% di plastica riciclata e investiamo tanto nei test, nelle prove, nella ricerca, siamo consapevoli che la scelta di un film rispetto a un altro possa fare la differenza. Purtroppo però il consumatore è abituato a spendere poco per l’ortofrutta, il prezzo è quasi sempre il principale fattore di scelta. Troppo spesso ci si dimentica che formazione, sostenibilità e ricerca hanno un costo per i produttori, un costo che non tutti sono disposti a riconoscere”.

Ripartire dai più giovani

“Siamo convinte che il rapporto tra consumatore e produttore debba essere ricostruito, perché deteriorato negli anni da un racconto univoco di molti media, che tendono a sottolineare soltanto gli aspetti negativi della nostra filiera. Per far questo – concludono Laura e Alessandra Damiani – con le nostre idee e i nostri progetti (il riferimento è anche a Verdura che avventura, ndr) desideriamo trasmettere un messaggio, soprattutto ai più giovani: i produttori non avvelenano la terra, la custodiscono. E i prodotti dalla terra, attraverso le mani di donne e uomini che con passione li preparano al meglio, arrivano sulle tavole di tutti”.

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