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Biologico

Bio: volano al 9% le vendite, + 8% l’export

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Autore Redazione

I dati Nomisma presentati agli stati generali del biologico organizzati a Sana in collaborazione con FederBio e AssoBio

Continua la crescita del biologico italiano. Lo confermano i dati su superfici agricole, operatori ed export. Positive anche le performance del mercato interno, grazie al traino dei consumi fuori casa (ristorazione commerciale e collettiva segnano un +18% sul 2022) ma anche di una ripresa a valore dei consumi domestici (+7% anno terminante luglio 2023 rispetto all’anno precedente), certamente spinta dalle dinamiche inflattive data la lieve flessione riportata a volume in distribuzione moderna.

Sono questi alcuni dei dati che Nomisma ha presentato oggi in occasione della prima giornata di Rivoluzione Bio 2023, gli stati generali del biologico, organizzati in collaborazione con FederBio e AssoBio, realizzati con Nomisma, nel quadro del progetto Being organic in Eu gestito da FederBio in partenariato con Naturland DE e cofinanziato dalla Ue.

Nell’ambito dell’osservatorio Sana, lo strumento – promosso da BolognaFiere con il patrocinio di FederBio e AssoBio – che propone il monitoraggio dei numeri chiave della filiera biologica, dalla produzione fino alle dimensioni del mercato, Nomisma ha come ogni anno presentato le ultime stime sul mercato interno, i risultati di una survey sul consumatore italiano e un’indagine su 254 imprese alimentari e vitivinicole.

Il mercato interno

L’Italia, con oltre 2,3 milioni di ettari e la più alta percentuale di superfici bio sul totale (19% contro una media europea ferma al 12%), è ormai vicina target del 25% di superfici investite a bio, previsto dalla strategia Farm to Fork per il 2030.

Nel 2022 le vendite alimentari bio nel mercato interno (consumi domestici e consumi fuori casa) hanno superato i 5 miliardi di euro e rappresentano il 4% delle vendite al dettaglio biologiche mondiali. A trainare la crescita del mercato anche per quest’anno sono i consumi fuori casa che sfiorano 1,3 miliardi di euro, segnando una crescita del +18% rispetto al 2022 legata al balzo in avanti dei prezzi più che all’aumentare delle occasioni di consumo.

Fondamentale però è la ripresa dei consumi domestici che, dopo la leggera flessione dello scorso anno (-0,8% a valore rispetto al 2021), registrano una variazione del +7%. Anche in questo caso la crescita è da collegare soprattutto alla spinta inflazionistica dell’ultimo anno, confermata dal calo dei volumi in Grande Distribuzione (-3% le confezioni di prodotti bio vendute rispetto allo stesso periodo del 2022).

La Distribuzione Moderna rimane il primo canale per gli acquisti di biologico degli italiani, pesando per il 58% del totale delle vendite legate ai consumi domestici degli italiani. Nel 2023 le vendite di biologico nel canale si attestano a 2,4 miliardi di euro (+8% rispetto al 2022).  Iper e supermercati sono il canale che, all’interno della Distribuzione Moderna, veicola la maggior parte delle vendite bio: superano 1,5 miliardi di euro a luglio 2023 segnando un +4% rispetto allo scorso anno. Al secondo posto per dimensioni i Discount, con vendite di biologico pari a 319 milioni di euro, in crescita del +12% rispetto all’anno precedente.

Chi compra bio

I risultati della consumer survey Nomisma su 1.000 responsabili degli acquisti alimentari italiani hanno mostrato come la consumer base di prodotti bio sia rimasta costante rispetto allo scorso anno (89% della popolazione 18-65 anni ha acquistato consapevolmente almeno un prodotto alimentare bio nell’ultimo anno)

Chi acquista bio sceglie principalmente in base all’origine: il 29% seleziona prodotti bio 100% italiani, un ulteriore 17% quelli di origine locale/km 0 e l’11% cerca l’ulteriore presenza del marchio Dop/Igp. Anche la marca gioca da sempre un ruolo fondamentale nella scelta dei prodotti bio da mettere nel carrello (8% preferisce la marca industriale e il 7% la marca del supermercato),

L’importanza della sostenibilità

Ma perché il consumatore acquista prodotti bio? Innanzitutto perché li ritiene più sicuri per la salute rispetto a un prodotto convenzionale (27%), ma anche perché sono sostenibili (il 23% li ritiene più rispettosi dell’ambiente, il 10% del benessere animale e un ulteriore 10% fa riferimento alla sostenibilità sociale e intende sostenere i piccoli produttori).

Fonte: Sana

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