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Crisi ortofrutta. “È anche l’ora di smettere di piangersi”

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Autore Redazione

Mauro Rosati, direttore generale Fondazione Qualivita, analizza la cronica crisi del settore ortofrutticolo in Italia su L’Unità

E forse è anche l’ora di smettere di piangersi”. Chiosa così, con un chiaro invito rivolto un po’ a tutti gli attori della filiera ortofrutticola, Mauro Rosati, direttore generale Fondazione Qualivita, in un suo editoriale pubblicato dal quotidiano L’Unità e poi pubblicato on line anche sul sito di Qualivita.

Un’analisi che parte da alcuni dei tanti spunti emersi durante il recente evento “Think Fresh” organizzato a Firenze da Agroter, e da un dato che da tempo viene citato nelle molte analisi che prendono in considerazione il settore ortofrutticolo italiano, vale a dire quello che sottolinea come i consumi di frutta e verdura in Italia negli ultimi 10 anni siano diminuiti del 10%.

Un dato paradossale che, come giustamente sottolinea Mauro Rosati, stride ancor di più considerando come siamo nell’epoca della “ricerca ossessionata di una sana alimentazione”.

Sempre più attenti alla dieta e al benessere, eppure i consumi di frutta e verdura, che invece dovrebbero essere sempre, e ancor di più oggi, messi in cima alla lista degli alimenti considerati irrinunciabili, continuano a stentare, se non a diminuire pericolosamente.

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Mauro Rosati, direttore generale Fondazione Qualivita

Fatti che sembrano contraddirsi a vicenda – continua Rosati nella sua analisi – ma che invece fotografano la complessa realtà del nostro Paese, certificando di fatto una crisi strutturale del comparto nazionale dell’ortofrutta. L’Italia è il primo produttore europeo di ortaggi ed il secondo di frutta con quasi 900.000 ettari di superficie complessiva utilizzata, il più ampio patrimonio varietale al mondo e 108 produzioni registrate DOP IGP in questo settore”.

Che fare?” si chede Rosati nel titolo del suo articolo. “Gli ambiti dove occorre lavorare sono sostanzialmente tre: gli aspetti nutrizionali, il miglioramento della soddisfazione palatale e una strategia di marketing più efficace che riesca a raccontare la qualità dei prodotti italiani” sottolinea il direttore della Fondazione Quaivita.

Di fatto l’idea di “commodizzare” frutta e verdura con forme e gusti standard, guardando soprattutto al prezzo, è fallita. E rispetto ad altri prodotti del made in Italy il settore ortofrutticolo ha decisamente perso strada e tempo. “La morale è che oggi in questo settore vince chi produce a costi più bassi, mettendo in crisi proprio le imprese italiane che hanno maggiori spese di produzione rispetto ad altri Paesi”.

Serve più aggregazione tra i produttori, aggiunge Rosati, anche perché al momento la filiera non produce reddito. I cosiddetti “millenials” non considerano frutta e verdura “trendy” e programmi come “Frutta nelle Scuole” hanno portato “qualche risultato, ma questo non basta”.

In conclusione, Rosati chiede un cambio di approccio da parte di tutti evocando “innovazione e capacità di marketing” tra le prime cose da fare, seguendo modelli vincenti come le mele del Trentino Alto Adige.

E soprattutto, basta piangersi addosso.

Fonte news: Qualività/Unità. Crediti foto Mauro Rosati: cucinaevini.it

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