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Trend e Mercati

Appello del Consorzio Pomodoro Pachino al Ministro Martina

Massimo Pavan: «Il distretto agricolo pachinese è giunto ad un punto di criticità insostenibile»

«Ogni giorno chiudono i battenti imprese che fino a ieri davano lavoro a centinaia di famiglie, e tutta l’economia del comprensorio, notoriamente basata sulla produzione di ortofrutta la cui qualità ci viene riconosciuta da tutti i mercati, oggi versa in uno stato di gravissima difficoltà». A scrivere è Massimo Pavan, vice presidente del Consorzio Igp Pomodoro di Pachino, che in una lettera indirizzata al Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Maurizio Martina, chiede urgentemente di intervenire sulla situazione di uno dei prodotti più rappresentativi della Sicilia, vale a dire il pomodoro di Pachino Igp.

Tra le richieste di Pavan quella di istituire con urgenza un «un tavolo tecnico-istituzionale» per discutere della situazione dell’area, che secondo l’esponente del Consorzio ha quattro sostanziali problemi. «La scarsa considerazione della Gdo e della Do verso i prodotti DOP e IGP» è il primo punto sollevato da Pavan, secondo il quale i punti vendita di questi due fondamentali canali distributivi per il mondo ortofrutticolo, non solo non donano il giusto spazio ai prodotti con certificazione di origine, ma sono anche la causa di una «speculazione selvaggia». Un fenomeno che «continua ad allargare la forbice tra prezzi alla produzione e prezzi al consumo in modo inaccettabile».

Sempre secondo Pavan pochi buyers controllano gli acquisti di centinaia di punti vendita a marchio diverso «aggirando di fatto le più elementari norme in materia di “cartello”». Non manca un tema noto, come della concorrenza sleale da parte di prodotti simili ma provenienti dall’estero, soprattutto dai Paesi in via di sviluppo, con chiaro riferimento all’approvazione dell’accordo del Parlamento Europeo con il Marocco. Prodotti che secondo Pavan «spesso giungono sui punti vendita senza gli adeguati controlli igienici e sanitari, compromettendo la competitività della nostra produzione e confondendone la riconoscibilità». Infine, l’aumento dei costi di produzione e «la polverizzazione dell’offerta incoraggiata dall’esercizio di operatori che spesso in assenza dei requisiti minimi previsti dalla legge concorrono quali competitori abusivi in loco».

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