Porta la firma di Areté lo studio condotto per la Dg Agri della Commissione Ue, appena pubblicato, a supporto della valutazione della direttiva Ue 2019/633 sulle pratiche commerciali sleali nel settore agri-food, che proibisce o regola 16 pratiche, per lo più legate a significativi squilibri di potere contrattuale tra fornitori e acquirenti, ritenute contrarie ad una buona condotta commerciale.
La direttiva prevede la protezione dei fornitori più deboli nei confronti degli acquirenti più forti, vietando comportamenti quali ad esempio il pagamento oltre 30 giorni dalla consegna di prodotti deperibili, modifiche unilaterali dei contratti da parte del compratore e la richiesta ai fornitori di pagare fees non collegate alle prestazioni concordate.
Al vaglio la direttiva Ue per contrastare pratiche commerciali sleali
Lo studio Evaluation support study of the Eu directive 2019/633 on unfair trading practices (UTPs) in business-to-business relationships in the agricultural and food supply chain, è stato condotto da Areté per la Dg Agricoltura della Commissione europea con la collaborazione di S&P Global commodity insights e Wageningen University research (Wur), con copertura dell'intera filiera agroalimentare nei 27 Stati membri dell'Ue, e casi studio su settori specifici in 10 Stati membri.
L'ampia consultazione degli stakeholder ha incluso oltre 130 interviste, tre survey con oltre 220 risposte e due workshop. Cinque i criteri utilizzati per la valutazione: efficacia, efficienza, rilevanza, coerenza e valore aggiunto dell'Ue. La valutazione della direttiva da parte della Commissione europea (contestualmente pubblicata) è basata anche sui risultati di questo studio.
Un primo assessment dell’efficacia
Il tempo trascorso dall’effettiva implementazione delle leggi nazionali di trasposizione è tutto sommato ancora limitato (l’ultimo Paese si è allineato a fine 2022) quindi molti aspetti possono considerarsi ancora in fase di consolidamento.
Tuttavia, dallo studio già emerge come la direttiva sia stata finora moderatamente efficace nel prevenire e combattere le pratiche sleali, ma molto efficace nel promuovere una cultura imprenditoriale più equa nel settore agri-food.
I pagamenti oltre 30 giorni per prodotti deperibili e oltre 60 giorni per gli altri prodotti agri-food restano tra le pratiche sleali più diffuse, anche se in calo rispetto alla situazione pre-direttiva, assieme alle modifiche unilaterali del contratto da parte dell'acquirente.
Nei diversi Paesi Ue tra il 2021 e il 2023 sono state chiuse 1.887 indagini su pratiche commerciali sleali, il 26% delle quali ha portato all'accertamento di un'infrazione mentre 385 indagini (20%) hanno portato all'imposizione di una sanzione pecuniaria.
Margini di miglioramento ci sono, soprattutto in termini di consapevolezza dei singoli operatori sulla protezione esistente da queste pratiche e di rassicurazione circa il timore di subire ritorsioni, due fattori che sembrano limitare il numero di reclami presentati davanti alle autorità.
Costi e benefici
Secondo le analisi presentate nello studio, i costi per gli operatori commerciali che agiscono come fornitori (cioè, gli attori protetti dalla direttiva) sono almeno proporzionati ai benefici ottenuti. Solo un 7-8% di agricoltori e trasformatori ha riferito un aumento dei costi a causa della direttiva.
Per gli agricoltori, i benefici sembrano superare di gran lunga i costi. Maggiori costi operativi sono stati invece riportati in capo ai distributori (grossisti, retailer), ma senza implicare danni economici particolarmente gravi e/o serie implicazioni operative per gli operatori interessati.
I costi per le autorità nazionali dei Paesi membri (relativi sia al recepimento che all'applicazione della Direttiva) variano notevolmente da Paese a Paese, con un valore massimo di oltre 800.000 euro e una media per l'UE27 di circa 200mila euro. Nel complesso, la direttiva è considerata come un passo avanti significativo per la filiera agroalimentare e ha contribuito a fornire un livello minimo di protezione per i fornitori, comune a tutti i Paesi Ue.
Tuttavia, i singoli Stati possono adottare o mantenere in vigore norme nazionali più severe che prevedono un livello di protezione più elevato contro le pratiche sleali (si tratta infatti di una Direttiva di "minima armonizzazione") e ciò si è concretizzato in una notevole eterogeneità nella legislazione nazionale di recepimento, che può creare difficoltà per gli operatori.
In conclusione
Il tema delle pratiche commerciali sleali è al centro di varie iniziative mirate a rafforzare la posizione degli agricoltori nella filiera agroalimentare. La possibile revisione della direttiva è menzionata anche nella Vision for agriculture and food pubblicata dalla Commissione Ue a febbraio e sono stati già compiuti passi in tal senso: a dicembre 2024 la Commissione europea ha infatti pubblicato una proposta di regolamento per la cooperazione tra autorità nazionali volta a rafforzare e coordinare le attività di applicazione della direttiva.
Più in generale, lo studio restituisce il quadro di una direttiva che, seppur con dei limiti e ancora un periodo relativamente breve di applicazione, ha avuto un ruolo fondamentale nel migliorare la situazione rispetto al periodo precedente e nel fornire in quadro più chiaro e omogeneo per gli operatori Ue.
Fonte: Areté