Frutta a guscio ed essiccata

25 luglio 2025

Nocciole, il Cile supera l'Italia per quantità prodotta

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Condizioni climatiche particolarmente favorevoli, innovazioni tecniche e la presenza di forti gruppi che investono in loco. Sono tutti elementi che caratterizzano il comparto delle nocciole in Cile e che hanno probabilmente contribuito al grande exploit di quest’anno. Con più di 100mila tonnellate raccolte, il Paese scala la classifica dei maggiori produttori mondiali e conquista il secondo posto, dopo la Turchia, ai danni dell’Italia che arretra così di un gradino. 

Uno degli aspetti che ha influito di più sul risultato è stata la particolare congiuntura meteo con numerose ore di freddo, che tanto fanno bene alle nocciole, e la pioggia nei momenti giusti. Adesso, che è tempo di tirare le somme, i risultati fanno gioire i produttori sia sul fronte quantità che prezzi. 

“In Cile c’è tanta innovazione tecnica e non ci sono le limitazioni sulla coltivazione cha abbiamo in Europa. Ci sono poi i grandi gruppi che investono sul territorio. Ne è un esempio quello canadese che, nella regione del Bío Bío, sta mettendo a dimora 5.000 ettari: un quarto dei 20.000 storicamente indicati come superficie coltivata a nocciolo in Campania”, spiega a myfruit.it Giampaolo Rubinaccio, coordinatore Comitato Frutta a guscio di Ortofrutta Italia e componente della Federazione di prodotto frutta a guscio di Confagricoltura. 

Ad aprile Rubinaccio, in rappresentanza della Op campana Aoa, ha preso parte al viaggio studio organizzato dall'Unione nazionale Italia Ortofrutta, diretta da Vincenzo Falconi, per entrare in contatto con le industrie di trasformazione, gli enti di ricerca, i principali produttori, le varietà utilizzate e i più importanti vivai del Paese. 

Previsto un calo di produzione in Turchia

All’importante risultato cileno, fanno da contraltare le previsioni negative in Turchia. Il presidente della Camera dell'Agricoltura di Giresun, Nurittin Karan ha evidenziato come la produzione 2025 sarà probabilmente in calo. 

A seguito delle gelate di aprile, si sono drasticamente ridotte le previsioni iniziali che parlavano di circa 650mila tonnellate. La produzione potrebbe non superare le 500mila o addirittura attestarsi intorno alle 460mila, come sostenuto da Karan. Il dato fa riferimento soprattutto alla regione centrale e occidentale del Mar Nero, zona d’importante produzione. La superficie della Turchia è molto diversificata: si va da meno due sul livello del mare fino a 900 metri. Sia panorama ampelografico che metodi di coltivazione variano di molto. 

Il cambiamento climatico sta mostrando i suoi effetti. Incide tantissimo soprattutto nelle aree montane dove le gelate tardive sono frequenti, soprattutto sopra i 600 metri”, osserva Rubinaccio per il quale “uno dei problemi maggiori in Turchia è stimare il quantitativo grezzo e, in secondo luogo, capire quante di queste nocciole non siano state aggredite dalla cimice asiatica, aspetto che naturalmente influisce sulle quotazioni. Ciò che fa la differenza è quel 35-40% della superficie che è in condizioni ambigue. È lì che si gioca anche il prezzo”. 

Qual è la posizione dell’Italia in questo contesto? 

“Il Piano strategico per la nocciola deve essere rivisto e rimodulato. In caso contrario, il sistema corilicolo italiano, nonostante l’aumento dei consumi sia compensato dall’aumento delle superfici, resterà schiacciato”, aggiunge. 

La forte parcellizzazione della superficie coltivata in Italia è certamente un elemento non secondario. “Su questo aspetto, più di tanto non si può fare – sottolinea Rubinaccio - Sono spesso aree montane, con coltivazioni storiche che servono anche a preservare l’ambiente e assicurare la tenuta del suolo. Sono piccole filiere d’eccellenza”. 

Ma, in molti casi, sono anche fragili. Alluvioni, grandinate e siccità incidono sulle rese e rendono eroica la produzione. “Il cambiamento climatico – prosegue il dirigente - impatta sulle produzioni. Nebrodi e Colli Irpini ne sono un esempio. La coltura del nocciolo soffre forse più di altre. Poche ore di freddo equivalgono a una forte cascola”. 

Difficile capire oggi, in virtù dei numeri che si profilano sul contesto globale, quale ruolo giocherà l’Italia. “Il Cile ci ha già superato, ma anche altri Paesi, come Stati Unito o Arzerbaigian, ci stanno alle costole. Se ci fermiamo ai nostri 800mila quintali probabilmente nell’arco di pochi anni saremo surclassati. Il clima sta cambiando e anche qualcosa nelle nostre strategie produttive deve cambiare”, sottolinea Rubinaccio. 

Impegno delle Istituzioni e ricerca

Da qui l’invito alle Istituzioni di competenza e al Ministero a prendere atto di queste dinamiche. Un ruolo importante, per il dirigente, potrebbero avere anche le campagne di promozione del prodotto italiano, come quella portata avanti di recente per valorizzare la frutta a guscio italiana. “Abbiamo registrato un aumento delle vendite”, conferma. 

Un aiuto arriva inoltre dalla ricerca universitaria: la Fondazione per l‘istruzione agraria, ad esempio, sta offrendo, in modo prioritario agli corilicoltori italiani, piante di nocciolo, anche innestate su colurna, della nuova cultivar Tonda francescana. 

“Daniela Farinelli e Moreno Moraldi dell'Università di Perugia, assieme a Mauro Brunetti, direttore della Fondazione, stanno organizzando diversi seminari formativi nei circa 200 ettari coltivati a nocciolo dall’Università di Perugia a Casalina di Deruta dove vengono divulgate le più moderne tecniche di gestione fitoiatrica e di coltivazione del nocciolo”, spiega Rubinaccio. 

Sulla qualità italiana il dirigente non ha dubbi. “È eccellente”, conferma. Non manca neppure la voglia dei produttori di rispettare la condizionalità. “Tutela dell’ambiente, salute del consumatore e etica d’impresa fanno parte dell’approccio imprenditoriale italiano. Non vogliamo adeguarci ai nostri competitor, ma nemmeno regole difficili da rispettare”. 

Che ci sia funzionalità operativa, dunque. Che vengano coinvolte di più, in un lavoro strategico, anche le varie parti della filiera “per rispettare le regole, ma fuori dagli schemi attuali”, conclude Rubinaccio.

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