La percezione della sostenibilità da parte dei consumatori e l'approccio normativo, in particolare quello europeo, sembrano viaggiare su binari paralleli, creando un paradosso nel settore degli imballaggi per l'ortofrutta.
E' l'analisi per la rubrica mytech di myfruit.it fatta da Marco Omboni, sales and marketing manager di Isap Packaging - ProFood, che evidenzia come, contrariamente a un certo clima di demonizzazione generale, il consumatore finale mostri un atteggiamento più pragmatico e consapevole.
Consumatori e imballaggi: una visione laica
Il consumatore, spiega Omboni, ha un approccio "molto più laico, ragionevole e sostenibile" rispetto agli imballaggi. La percezione dell'impatto ambientale della frutta e verdura venduta sfusa è, nella realtà, contenuta.
Ciò suggerisce che i fattori che determinano la vera sostenibilità del prodotto sono altrove, anche legati alla riduzione dello spreco alimentare. Se si lascia il consumatore libero nella sua valutazione e lo si indirizza verso scelte basate su una sostenibilità globale, dove il food waste gioca un ruolo fondamentale, 2i risultati sono migliori rispetto a imposizioni normative che rischiano di danneggiare l'intera filiera" osserva Omboni.
Ppwr: una normativa "zoppa" per l'ortofrutta
Questo approccio consapevole del consumatore, tuttavia, non si riflette pienamente nella normativa prodotta dall'Unione europea in tema di imballaggi, in particolare nel Regolamento sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio (Ppwr). Omboni lo definisce un "regolamento che nasce zoppo", poiché le analisi di impatto e le verifiche sembrano spesso guidate da un'ideologia che porta alla demonizzazione della plastica e degli imballaggi in generale.
È significativo notare che, su 100 imballaggi in circolazione in Europa per gli alimentari, solo l'1,5% è rappresentato da plastica per ortofrutta. Eppure, proprio gli imballaggi in plastica sono tra i più penalizzati dal Ppwr, insieme a quelli per la ristorazione collettiva. Questo accade nonostante frutta e verdura viaggino già al 50% sfuse in Europa.
Il valore nascosto del packaging: meno spreco alimentare
Il punto cruciale, secondo Omboni, è che l'imballaggio, lungi dall'essere un problema, ostacola attivamente la formazione di food waste. Lo spreco alimentare è un fattore ben più rilevante in termini di impatto ambientale complessivo. Il fatto che il Ppwr penalizzi imballaggi ormai sperimentati e che stanno abbassando la percentuale di materia prima vergine a favore di plastiche riciclate è visto come una fonte di ulteriori costi, anche nascosti (vedi scarti), per tutta la filiera.
E l'appello di ProFood per intervenire sulle parti più "distruttive" del regolamento (come l'articolo 25 del Ppwr) è stato prontamente accolto dall'intera filiera, a riprova del disagio generale.
Le attività di ProFood, infatti, si basano su dati oggettivi e su un intenso lavoro di ricerca, con il supporto di esperti sull'impatto ambientale. Ne è un esempio lo studio "Prodotti ortofrutticoli e imballaggi primari: uno studio preliminare su impatto ambientale dal campo alla tavola", realizzato dal Dipartimento di scienze agrarie, forestali e alimentari (Disafa) dell’Università di Torino, commissionato da ProFood.
Questo studio, che ha considerato indicatori come il potenziale di riscaldamento globale (Gwp), il consumo di suolo (Lu) e la deplezione delle risorse idriche (Wdp), ha evidenziato le performance ambientali positive dell'imballaggio in rPET rispetto al cartoncino teso.
Insomma, il dibattito sulla sostenibilità degli imballaggi ortofrutticoli necessita di un approccio basato su dati concreti e sull'analisi dell'intero ciclo di vita del prodotto, riconoscendo il ruolo fondamentale del packaging nella riduzione dello spreco alimentare e nel mantenimento della qualità.