Trend e mercati

13 settembre 2024

Fruitless diet, una preoccupante deriva

225

La grande attenzione verso stili di vita più orientati al benessere fisico, come emerso durante l’ultima presentazione del Rapporto Coop, ha portato in dote un aspetto certamente positivo per il mondo ortofrutticolo: l’emorragia delle vendite a volume, quanto meno nel primo semestre del 2024 e nelle stime di fine anno, sembra non solo essersi arrestata, ma addirittura andare in territorio positivo.

Beninteso: niente per cui festeggiare. Osservando i dati dal 2016 a oggi, il settore ha lasciato sul campo circa 1300 tonnellate di frutta e verdura vendute in meno. Però, confrontando lo scenario attuale con quello dell’anno scorso, si comincia forse a vedere almeno una fioca luce in fondo al tunnel.   

Dati incoraggianti, ma non per la frutta

Nel 2023 si era detto, e il Rapporto Coop di quest’anno lo sottolinea nuovamente, i pessimi risultati dello scorso erano dovuti anche e soprattutto al fenomeno inflativo che, come sappiamo, per quanto riguarda alcune referenze, aveva pesato in modo determinante, tanto da aver messo in crisi uno dei pilastri della famosa dieta mediterranea, come appunto frutta e verdura. 

Tutto in parte vero. Osservando più da vicino i dati, emerge come in realtà, all’interno del multiforme universo denominato “ortofrutta” c’è un grande malato: la frutta. Dal 2019 ha lasciato sul campo quasi 19 punti percentuali a volume e la sua ripresa non solo appare più difficile, ma anche più soggetta a trasformazioni quasi radicali, di quelle che sembrano ormai annunciare un definitivo cambio di paradigma. Paradigma che probabilmente molti produttori già avvertono e stanno metabolizzando.

Gli under 35 non mettono più a tavola l’ortofrutta

Le cause? Molteplici. C’è certamente la demonizzazione sul consumo eccessivo di zuccheri, che però coinvolge anche quelli presente nella frutta. Il Rapporto Coop parla di una evidente “Fruitless diet” che attirerebbe in particolare gli under 35 in Italia. I quali dichiarano di consumare solo 4 o 5 volte a settimana la frutta, mentre chi la inserisce quotidianamente all’interno della propria alimentazione è solo il 17%. Dato che, a dire il vero, non è molto più positivo nel caso delle verdure.

Mode scorrette? Falsi miti potenzialmente dannosi? Se lo chiede il Rapporto Coop. È certamente una deriva preoccupante, potenzialmente pericolosa proprio per quel benessere fisico tanto ricercato, che evidentemente il settore ortofrutticolo non riesce ad intercettare come potrebbe e dovrebbe.

Il cambio delle gerarchie

C’è poi, però, un altro spunto, che invece mostra un evidente cambio di paradigma nei gusti degli italiani: il consumo di frutta considerata “tradizionale” è ormai messo in crisi da quelle che un tempo erano nicchie di mercato

L’avocado è un superfood sempre più amato e consumato, entrato a far parte del paniere della spesa degli italiani; dati alla mano, anche i frutti di bosco e i kiwi gialli scalano posizioni sempre più importanti, mentre storiche produzioni tricolori come pere e pesche, per citare i casi più eclatanti e in crisi da tempo, ma anche gli agrumi, non se la passano più bene.

Il clima cambia (e cambierà) il settore

Questo cambio di paradigma e di paniere della frutta che mettiamo nel carrello della spesa, va a braccetto con l’avvertimento che Maura Latini, presidente di Coop Italia, ha lanciato durante la presentazione del Rapporto: "In questo momento regna una diffusa inconsapevolezza sulle conseguenze dei cambiamenti climatici in atto sulla produzione ortofrutticola. Intere zone della penisola si stanno tropicalizzando, con le conseguenze che questo comporta a livello agricolo e produttivo. 

Calibri piccoli e fuori standard, a causa del clima, aumentano", ha aggiunto ancora la manager di Coop. Un altro tema quasi storico presente nel settore, spesso usato come semplice mossa di marketing per andare incontro ai consumatori che, almeno a parole, si dichiarano attenti alla sostenibilità, ma che in futuro forse dovrà essere affrontato in modo differente.

Potrebbe interessarti anche