Oggi, 31 luglio, è l’ultima occasione utile per evitare lo scenario che da mesi agita le cancellerie e i settori produttivi europei: l’entrata in vigore dei dazi Usa decisi nell’ambito delle politiche protezionistiche dell’amministrazione Trump. L’agroalimentare è tra i comparti più esposti: vino, liquori, formaggi, oli e trasformati vari rischiano di essere colpiti duramente da tariffe del 15% a partire da domani, primo agosto.
L’accordo politico c’è, il testo ufficiale ancora no
A oggi, l’unico elemento certo è l’intesa politica raggiunta tra Ursula von der Leyen e Donald Trump nella residenza scozzese del presidente americano. Tuttavia, la dichiarazione congiunta Usa-Ue che dovrebbe formalizzare l’accordo – il cosiddetto patto scozzese – non è stata ancora firmata. Lo ha ammesso anche il portavoce della Commissione Ue, spiegando che le trattative sono in corso e che "potrebbero richiedere qualche giorno in più".
Nel frattempo, Bruxelles ribadisce la propria aspettativa: anche in assenza di firma, gli Stati Uniti dovrebbero comunque applicare i dazi al 15% e rispettare le esenzioni concordate domenica scorsa. Ma la vaghezza e le differenze interpretative tra le due parti alimentano il nervosismo nei mercati.
Agroalimentare nel mirino: vino e liquori esclusi dalle esenzioni
Uno dei nodi principali riguarda le esenzioni. L’Unione europea si dice determinata a ottenere il massimo numero di deroghe, ma è ormai chiaro che i prodotti vinicoli e i liquori – due capisaldi dell’export agroalimentare europeo – non rientreranno nel primo gruppo di beni esclusi dai dazi. Questo significa che a partire da domani le bottiglie di vino italiano, francese, spagnolo e tedesco potrebbero subire rincari significativi sul mercato statunitense.
L’impatto potenziale è enorme: solo nel 2024 l’Ue ha esportato vino per oltre quattro miliardi di euro verso gli Stati Uniti, che restano il primo mercato extraeuropeo per il settore. Anche le imprese italiane, in particolare del Centro-Nord, stanno valutando scenari alternativi per contenere le ricadute, tra cui spostamento degli stock e revisione delle strategie logistiche.
Investimenti e incertezza: l’Europa a rischio competitività
Mentre Paesi come Regno Unito, Giappone, Vietnam, Filippine, Indonesia e Corea del Sud hanno già trovato un’intesa bilaterale con Washington – inclusa una tariffa chiara e piani di investimento definiti – l’Unione Europea si trova ancora in una posizione di sospensione. Questo ritardo potrebbe tradursi in una perdita di competitività per le aziende europee sui mercati americani, dove già si teme la concorrenza agevolata dei partner già in regola.
Secondo le associazioni di categoria del settore agroalimentare europeo, la mancanza di certezze normative e fiscali rischia di frenare nuovi investimenti e ridurre l’attrattività dei prodotti Ue.
Trump rivendica: “I dazi rendono l’America grande e ricca”
Dal canto suo, il presidente Usa non arretra. Su Truth, Trump ha rivendicato il successo della strategia protezionistica, affermando che "i dazi stanno rendendo l’America di nuovo grande e ricca" e accusando decenni di “assalti economici” ai danni degli Stati Uniti. Il messaggio è chiaro: nessun passo indietro, se non in cambio di vantaggi concreti e misurabili per l’economia americana.
Tensioni anche sulla web tax
Infine, resta aperto anche il fronte del digitale. La Commissione ha ribadito il diritto dell’Ue a legiferare autonomamente sulla cosiddetta web tax, ritenendo inaccettabile che le Big Tech, molte delle quali statunitensi, siano esentate da contributi per l’uso delle infrastrutture di rete europee. Una posizione che potrebbe alimentare ulteriori frizioni e complicare l’intesa finale.