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05 luglio 2025

Dazi Usa: conto alla rovescia per l'Italia

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Torna alla ribalta l'incertezza commerciale. Con l’approssimarsi del 9 luglio, data di scadenza della pausa tariffaria voluta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, i dazi sono si nuovo al centro delle relazioni internazionali. 

"Il settore ortofrutticolo italiano attende con ansia l’esito delle consultazioni che si stanno svolgendo in questi giorni tra i delegati della Commissione europea e degli Stati Uniti per scongiurare l’avvio di una controversia daziaria dagli esiti imprevedibili - spiega a myfruit.it Pietro Mauro, direttore di Fruitimprese - A preoccupare non sono tanto le nostre esportazioni che, per quanto riguarda il prodotto fresco, riguardano quasi esclusivamente il kiwi, per un ammontare di circa 40 milioni, ossia circa il 7% del totale esportato. Ma piuttosto i riflessi sulle importazioni, in particolare della frutta a guscio ed essiccata per cui l’Italia è un ottimo cliente dei produttori Usa".

Fruitimprese: "Preoccupa la frutta secca"

Infatti, rileva Fruitimprese, le attenzioni di Bruxelles sui prodotti da usare come contromisura daziaria, si sono da subito concentrate sulle importazioni di noci, mandorle e pistacchi, ma anche sui cranberries essiccati di cui gli Stati Uniti sono leader mondiali.

"In particolare - riferisce Mauro - per le mandorle è stato già stabilito che, in conseguenza della nota disputa su acciaio e alluminio, dal prossimo primo dicembre si applicherà un dazio aggiuntivo del 25%, percentuale che potrebbe aumentare o essere applicata da subito in caso naufragassero le contrattazioni attualmente in atto. Come Fruitimprese stiamo collaborando da mesi con la nostra associazione europea della frutta secca Frucom e con quella mondiale Inc per cercare di limitare i danni, la prossima settimana è prevista una call con la Commissione europea per affrontare il problema anche se, al momento, da Bruxelles non trapela nulla, gli stessi funzionari sono praticamente all’oscuro dell’andamento delle trattative che sono seguite in prima persona dalla presidente Von Der Leyen e dal commissario Sefcovic".

Per quanto riguarda le conseguenze di un eventuale inasprimento dei dazi per il mercato europeo e, in particolare per quello italiano, Mauro chiarisce: "E' importante sgombrare subito il campo da derive campanilistiche, il prodotto italiano riesce a coprire meno del 20% del fabbisogno di frutta a guscio nazionale ed è praticamente assente nel comparto della frutta essiccata. Pertanto, all’indomani di un aumento dei dazi europei, ci troveremmo a dover fare i conti con un aumento dei prezzi e con l’arrivo di prodotti da origini con livelli di qualità e salubrità inferiore rispetto agli standard americani".

"Considerando che il nostro Paese è un grande consumatore di frutta secca - argomenta - avremo probabilmente un aumento dell’inflazione per questi prodotti dalle indiscusse proprietà nutrizionali e salutistiche e una diminuzione del consumo, anche a danno dello stesso prodotto nazionale che molto probabilmente sarebbe venduto a prezzi più alti a causa dello squilibrio tra domanda e offerta. Non resta che sperare quindi nel buon esito delle contrattazioni e in un accordo equo entro il prossimo 9 luglio". 

Nomisma-Centromarca: "Impatto pesante sull'export italiano"

L’introduzione dei dazi statunitensi potrebbe costare caro, più in generale, a tutto l’export italiano, sia prodotti alimentari, sia non food. A dirlo è uno studio realizzato da Centromarca, con il supporto scientifico di Nomisma, dal quale emerge un quadro tutt'altro che ottimistico: le perdite potrebbero infatti attestarsi tra i 500 milioni e i 3,3 miliardi, a seconda delle diverse aliquote. 

Nel merito, in vista del prossimo 9 luglio, se i dazi applicati saranno pari al 10%, allora si stima una ribasso di 489 milioni di euro di esportazioni in valore. La situazione peggiore notevolmente con l'inasprirsi del provvedimento trumpiano: con il 20% la perdita è di 1,067 miliardi, con il 30% di -1,734 miliardi, con il 40% di -2,489 miliardi mentre con il 50% si arriva a -3,334 miliardi. 

A penalizzare ulteriormente le esportazioni contribuirebbe inoltre il cambio sfavorevole euro/dollaro: nei primi mesi del 2025 la valuta europea si è apprezzata significativamente rispetto a quella americana (+11% tra gennaio e giugno) raggiungendo i livelli più elevati dal 2022.

"L’incertezza sull’applicazione dei dazi preoccupa molto le nostre industrie, sia sul piano economico, sia perché non consente un’adeguata pianificazione strategica e nella contrattazione con i buyer statunitensi - sottolinea Vittorio Cino, direttore generale di Centromarca - È una criticità da non sottovalutare se si considera la rilevanza del mercato d’oltreoceano per i beni alimentari e non alimentari prodotti in Italia". 

Nel 2024, infatti, le importazioni Usa di beni grocery italiani hanno prodotto un giro d’affari di 9,9 miliardi, ossia una crescita del 161% rispetto al 2014 e un’incidenza dell’11% sull’export complessivo del settore. Nei primi quattro mesi di quest’anno l’incremento a valore è stato del 14% rispetto allo stesso periodo del 2024.

L'effetto sui trasporti

Il clima di incertezza pesa anche sulla logistica. Il Drewry Container Index mostra un calo dei noli sulle rotte Cina–Usa e Cina–Italia. Il costo di spedizione da Shanghai a Genova è sceso del 9%, mentre le tratte verso gli Usa registrano flessioni fino al 15 per cento. Al contrario, le rotte transatlantiche (per esempio Rotterdam–New York) mostrano segnali positivi.

Tuttavia, gli analisti prevedono un ulteriore declino nella seconda metà dell’anno, causato da un eccesso di capacità e da una domanda debole. Le decisioni dell’amministrazione Usa sui dazi saranno decisive per l’evoluzione del mercato marittimo.

Il precedente: effetti negativi su frutta e confetture

Secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat, i dazi imposti durante la prima presidenza Trump su una serie di prodotti agroalimentari italiani avevano portato a una diminuzione del valore delle esportazioni. A pagare il provvedimento anche la frutta e le confetture, che registrarono rispettivamente un calo del 15 e del 20 per cento. 



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