Si parla poco di carote, ma non mancano mai nelle nostre case e regalano soddisfazioni economiche. Siamo quinti in Europa per produzione, sesti per disponibilità di prodotto, al quarto - dopo Olanda, Belgio e Spagna - per l'export. Il valore di produzione è di 460 milioni e circa un quinto viene venduto all'estero: 99 milioni mentre ne importiamo 9. Siamo autosufficienti e con un saldo commerciale con l'estero positivo.
Sono i numeri messi a disposizione da Ismea, con Mario Schiano Io Moriello, durante il Carrot Day. L'evento voluto e promosso da Cora Seeds a Macfrut. Un incontro dove si è svelato l'interesse del mondo produttivo italiano per questa coltura. A iniziare da Cora Seeds con l'annuncio dell'acquisizione di un programma di ricerca. Una necessità di cambiamenti climatici dove è sempre più difficile fare programmazione, il suolo perde fertilità e servono varietà più resistenti e resilienti.
Il seme italiano diffonde colture nel mondo
Per potenziare la filiera delle carote bisogna partire dal seme per trovare varietà non solo resistenti al clima ma anche rispondenti alle diverse esigenze dei consumatori nel mondo. Parola a Maurizio Bacchi, titolare di Cora Seeds, che ha ricostruito la storia aziendale.
"Siamo partiti con la cipolla e poi abbiamo iniziato a lavorare su finocchio, angurie, pomodoro, lattughe bay leaf, basilico e dall'Italia ci siamo allargati ad Est per poi approdare negli Usa. Nel 2023 si è inaugurato l'ufficio ad Amman, siamo presenti in Turchia, in Russia c'è già l'azienda pronta, dobbiamo aprire nella penisola iberica. Con le cipolle abbiamo gareggiato con difficoltà negli Usa dove sono esigenti, ma siamo riusciti ad entrare in partita".
Un successo, visto che vendono seme in circa 50 Paesi del mondo, il fatturato aumenta anno per anno del 30% e si offre lavoro a 85 persone.
Una presentazione propedeutica all'annuncio sulle carote: "L'anno scorso abbiamo acquisto un programma di ricerca strutturato, sono 8 anni di lavoro".
Ian de Visser, il breeder olandese di Cora Seed per la carota
Lo scienziato della carota per Cora Seeds è il breeder è Ian de Visser: "Il programma è iniziato nei Paesi Bassi nel 2010 e nella seconda metà del 2024 ho sostenuto la transizione del programma che si divide in cinque tappe". L'obiettivo? "Creare delle combinazioni per arrivare alla commercializzazione dei nuovi ibridi. Abbiamo iniziato con Imperator nel 2010 poi Nantes, Chantenay e Kuroda".
"Una delle tappe è la selezione e qui conviene farla nei luoghi di produzione orticola. Alcune varietà sono in campo negli Usa e altre a Ferrara". Sperimentare su diverse latitudini. E poi un aspetto importante: "In questo programma bisogna anticipare i tempi ovvero programmare per periodi in cui ci sarà un uso limitato della chimica". Un dato centrale visto che si stanno limitando i principi attivi e per essere resilienti senza determinati agrofarmaci è necessario individuare varietà che ne possano fare a meno.
Mazzoni e la coltivazione sui terreni sabbiosi
Matteo Mazzoni, responsabile vendite ortofrutta di Mazzoni Group, rappresenta la terza generazione di una famiglia protagonista del mondo agricolo italiano: dalla frutta alle orticole. Sulle carote: "Produciamo 11 mesi l'anno in un terreno sabbioso su una superficie di 200 ettari, nei lidi ferraresi quasi una sabbia marittima. Comprati quando costavano la metà della terra e oggi quotano il doppio,. Il valore è aumentato di quattro volte e qui la carota è stata la prima e poi la principale specie coltivata in questi terreni". Qui "la carota è il prodotto più resistente".
Bisogna fare i conti con il cambiamento climatico: "Mancano le armi, si sta spuntando il coltello: siamo rimasti con il 30% di principi attivi in agricoltura. Il problema sono i tempi, serve tempo per trovare soluzioni con la genetica".
Mercato di esportazione? "L'export inizia ora e dura due mesi, verso i paesi del Nord Europa, suppliamo alla mancanza di produzione nelle aree dove si produce. Usiamo bag da 1 tonnellata, sacchi da 10 kg o alla rinfusa. Mercato certo ma breve. In Italia il riferimento è la Gdo per 12 mesi. Cambiano le modalità: sacco da 1 kg e in vassoio, c'è molto servizio. I vassoi da 1 kg si sono ridotti e questo dato fa salire il costo nella gestione del prodotto".
Le criticità
Rodolfo Occhipinti di Sata è specializzato nella consulenza. "Seguiamo da 40 anni la filiera in tutta Italia. I protagonisti sono pochi, un centinaio, ma presenti in tutta Italia grazie alla possibilità di coltivare in più aree. Con i cambiamenti climatici ci sono areali che si sono allargati e altri ristretti".
"Si coltiva in Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Campania, Puglia e un po' Sardegna. Nel confronto mondiale la fanno da padrone Cina e Usa. Le criticità? Sono rappresentante dal cambiamento climatico, stanchezza dei suoli, riduzione delle sostanze attive disponibili. Problemi soprattutto dove non c'è rotazione. Rispetto al pomodoro ci sono poche varietà". Ne servono di nuove.
Il caso Ispica
Massimo Pavan, presidente del consorzio di tutela Igp carota novella di Ispica, ha sottolineato la specificità del prodotto con bollino. "La carota è il secondo ortaggio più venduto in Italia dopo il pomodoro. Noi operiamo nella Sicilia del sud con condizioni climatiche che ci permettono di seminare in contro stagione e arrivare sul mercato con le carote novelle. All'inizio non avevamo tanta concorrenza, poi con la frigoconservazione del prodotto abbiamo perso quella riconoscibilità".
Per risalite la chiama "abbiamo avviato il percorso Igp, 11 anni per avere la certificazione. Siamo partiti con 4 mila quintali certificati e oggi siamo a quota 40mila. Il nostro mercato è nazionale dove viene riconosciuto il marchio Igp mentre all'estero non viene riconosciuto. I nostri concorrenti hanno spesso prodotto frigo conservato, quest'anno si è registrata una grande produzione all'estero e finora in Nord Europa hanno consumato le loro carote raccolte a ottobre".
I dati di Ismea: vicini al podio tra produzione ed export
Mario Schiano Lo Moriello di Ismea ha fornito i numeri. "Siamo quinti in Europa per produzione e sesti per disponibilità di prodotto. Siamo al quarto posto tra gli esportatori dopo Olanda, Belgio (da dove importiamo qualcosa) e preceduti dalla Spagna. Turchia (17 milioni) ed Egitto (una new entry) sono i maggiori esportatori verso l'Europa. E' calato l'apporto da Israele e si hanno anche 4 milioni (15esimo posto) dal Sudafrica".
In Italia basso consumo pro-capite
La scansione dei dati fa emergere che l'Europa è autosufficiente. "I più grandi consumatori Germania Polonia Francia, Belgio e Italia. I consumi pro-capite? Balza al primo posto il Belgio con 34 chilo, ma incide l'attività industriale di trasformazione, poi Polonia, Irlanda, Finlandia, Lituania e Danimarca. L'italia? Siamo a sei chili contro una media di circa 10".
"Siamo fanalini di coda, solo il 2% di importazione quindi siamo autosufficienti mentre esportiamo il 20% della produzione nazionale". La superficie di produzione: 11mila ettari di cui 1000 in biologico per 511 milioni di chili che vale 460 milioni. Bilancia commerciale: 9 milioni di importazione e 99 milioni di esportazione".
Le prospettive sono ottime. "Il tasso di export cresce del 13% l'anno. Dove esportiamo? Il 35% in Germania, 10% in Francia e 9% in Polonia. Il 90% in Ue e poi qualche quota fuori, in particolare da Gran Bretagna. Infine l'80% del prodotto venduto in Gdo è confezionato, il resto è sfuso mentre la quota della V Gamma è del 4%".
In conclusione: la filiera offre soddisfazioni, ma bisogna fare i conti con il cambiamento climatico. Con nuove varietà si può espandere l'export, ma visto i bassi consumi, rispetto alla media europea, ci sono buone opportunità anche nel mercato interno.