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Rapporto Coop 2013. Come sta la distribuzione?

Cambiamenti strutturali in atto e basso tasso di crescita. Proposta di dialogo con l’industria

Il recente Rapporto Coop 2013 “Consumi & Distribuzione” presentato giovedì 5 settembre non ha tracciato, come prevedibile, un quadro ottimistico sui consumi nel nostro paese. Nè le previsioni per il 2014 lasciano prevedere l’auspicato cambio di rotta, così come ha dichiarato, senza troppi giri di parole lo stesso Marco Pedroni, presidente di Coop Italia: «I dati in nostro possesso non autorizzano nessun ottimismo per il prossimo futuro». Secondo le stime di Coop il prossimo anno ci sarà un ulteriore calo dei consumi alimentari, pari allo 0,5% e le proiezioni per la fine del 2013 parlano di un -1,2%.

La crisi sta portando anche cambiamenti strutturali lungo la filiera della distribuzione, sia al dettaglio che nella grande distribuzione. E così se da una parte il primo settore ha perso più un punto e mezzo di rete vendita dall’inizio della crisi ad oggi, «nella gdo più del 40% dell’area vendita ha subito cambiamenti sia imprenditoriali (di proprietà, di insegna etc) che strutturali» si legge nel rapporto di Coop. Ne ha approfittato, ovviamente, il canale discount che dal 2007 a oggi è cresciuto del 50%.

Per quanto riguarda il rapporto tra metri quadri di vendita rispetto alla popolazione, dal confronto con il resto del comparto europeo la gdo italiana, insieme a quella spagnola, è quella che ha sofferto di più. Se nel 2008, infatti, Italia e Spagna erano i paesi dove si registrava il più alto tasso di crescita, nel 2013 sono gli stessi a registrare le performance peggiori.

Se la distribuzione non sta bene, secondo il rapporto Coop l’industria alimentare, invece, ha fatto segnare un incremento superiore alla media europea: «il differenziale tra prezzi dell’industria e prezzi al dettaglio è stato quasi del 7% dal 2005 ad oggi. Il dato più elevato in Europa, secondo solo alla Spagna».

Proprio su quest’ultimo punto Pedroni lancia la sua proposta: che industria e distribuzione lavorino insieme. «Un contributo utile può venire se entrambe si pongono con più decisione dalla parte della difesa del potere di acquisto delle famiglie; l’industria può ridurre i prezzi e i margini in percentuale, scommettendo su un possibile aumento dei volumi, mentre la distribuzione deve trasferire senza aggravi il valore sui consumatori».

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