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Logistica e Trasporti

Mar Rosso: preoccupazione per l’ortofrutta e per l’ambiente

I prodotti freschi subiscono i viaggi lunghi, affonda una nave che trasportava fertilizzanti. La classifica dei vettori più puntuali

Il Mar Rosso non smette di destare preoccupazioni. Ora, oltre ai problemi di gestione delle merci, si rischia anche il disastro ambientale.

Che cosa è successo sabato

Sì, perché sabato scorso (era il 2 marzo, ndr) la rinfusiera Rubymar, colpita da un missile lanciato dagli Huothi il 18 febbraio, è affondata: l’equipaggio era in salvo da giorni, ma la minaccia di nuovi attacchi ha impedito le operazioni di soccorso.

E così il mercantile che trasportava 21mila tonnellate di fertilizzanti a base di fosfato di ammonio solfato, dopo giorni di navigazione incontrollata, si è inabissato: si rischia quindi lo sversamento della merce, il che causerebbe problemi di inquinamento di un certo rilievo.

Permangono poi i problemi legati all’impossibilità di passare per il Canale di Suez: tempi più lunghi di percorrenza in mare, merce che deperisce, costo dello spazio in stiva che aumenta.

Classifica dei vettori più puntuali

Nel gennaio 2024 – ha rilevato l’ultimo report di Sea Intelligence – è stato puntuale solo il 51,6% del totale delle navi (-5,1% rispetto alla rilevazione del precedente dicembre): si tratta delle performance peggiore da settembre 2022.

Sempre secondo Sea Intelligence i vettori che si sono dimostrati più puntuali sono Cma Cgm, compagnia francese le cui navi hanno continuato a transitare per il Mar Rosso: la merce è arrivata puntuale nel 54,7% dei casi. Al secondo posto la classifica si colloca la taiwanese Wan Hai, seguita dalla connazionale Evergreen, e poi dalle cinesi Oocl e Cosco. In quinta posizione, con una percentuale di puntualità inferiore al 50%, la singaporiana Pil, seguita da One, Msc, Zim, Maersk, Hapag Lloyd, Hmm e infine da Yang Ming.

La parola agli stakeholder

“La situazione è difficile per l’intera catena logistica che fa i conti ancora una volta con uno shock del tutto inatteso – ha riassunto Alessandro Pitto, presidente di Fedespedi, la Federazione italiana spedizionieri industriali – Dal Canale di Suez passa il 12% del commercio internazionale, il 10% del petrolio, l’8% di gas naturale. Sono tanti i settori della nostra economia che hanno impatti negativi. In import il tessile e la moda, in export l’alimentare, in particolare ortofrutta, pasta, prodotti da forno”.

“I prodotti agroalimentari che partono dal nostro Paese o arrivano in Italia passando per Suez sono principalmente quelli destinati o in arrivo da Asia e Oceania, di cui la quasi totalità viene trasportata via mare – ha analizzato Coldiretti – Olio, cereali e passata di pomodoro sono i prodotti più penalizzati, ma una quota importante dell’export è rappresentata dall’ortofrutta, che è pure quella più esposta agli effetti dell’allungamento delle rotte marittime tra Oriente e Occidente per evitare il Canale di Suez. Il che potrebbe creare problemi di conservazione del prodotto fresco con il rischio di perdere fette importanti di mercato che sarebbero poi difficili da recuperare”.

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