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“Ucraina, serve la mediazione di una donna”

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Le riflessioni di Teresa Diomede sulla totale assenza di figure femminili al tavolo delle trattative

Teresa Diomede, titolare della azienda Racemus di Rutigliano (Bari) e coordiantrice regionale dell’Associazione nazionale Le Donne dell’Ortofrutta, è una osservatrice attenta delle dinamiche non solo dell’uva da tavola, ma di molte altre vicende di stretta attualità. Di seguito una sua riflessione sul conflitto tra Russia e Ucraina e il ruolo, completamente assente, delle donne nel tavolo delle trattative.

“In questi giorni – spiega – ho osservato il ruolo della donna, nelle vicende legate al conflitto armato in Ucraina. Già da settimane, prima del disastro umanitario, civile ed economico, si rilevava una totale assenza di partecipazione attiva della figura femminile nei dibattiti e soprattutto nel ruolo diplomatico di mediazione tra le parti. A nessuno di noi saranno sfuggiti gli incontri decisionali svolti in presenza attorno a lunghi tavoli composti da soli uomini, e a nessuno è poi sfuggita l’immagine del lunghissimo tavolo della trattativa pre-attacco russo con alle due estremità due sole persone. Due uomini, appunto”.

In seguito, anche i due difficili incontri per negoziare il cessate il fuoco tra Russia e Ucraina hanno visto la sola presenza di uomini. Quindi, alle donne non è riconosciuta neppure una minima capacità di relazione, mediazione e visione? E, ora che si fa il nome di Angela Merkel per mediare, cambierà qualcosa?

“Mi chiedo perché, fin dai primi momenti di tensione, non abbiano avuto la possibilità di parola, voce e opinione. Anche di una sola donna. Osservo, in queste ore, le donne vittime della guerra. Scappano dal paese lacerato dai bombardamenti sovietici con figli al seguito, senza compagni e con la responsabilità di preservare la vita che verrà. Donne incinte, bambine, giovani donne sole, nonne. Ho visto in televisione donne forti alla guida di camioncini traghettarne altre con bambini facendo la spola dal loro Paese fino ai confini con la Polonia e anche più lontano, fino all’Italia, per mettere in salvo quante più persone possibile. Le ho viste ritornare in patria, con lo stesso camioncino, carico di medicinali e viveri per coloro che hanno deciso di rimanere a difendere la propria terra. Tra questi combattenti in patria, figli delle stesse madri ora lontane, ci sono donne, anche giovanissime, che hanno deciso di non fuggire ma di combattere l’oppressore, alla pari e al fianco degli uomini con le armi in pugno”.

“Tutte queste scene fanno sembrare di poco conto le battaglie femministe che ogni giorno noi donne affrontiamo. Che importa se ci chiamano architetto invece di architetta, oppure avvocato invece che avvocatessa o assessora e così via? Per quanto i nostri occhi e le nostre coscienze stiano elaborando e cercando di razionalizzare per reagire, nulla è ora più importante di quelle persone”.

Ma c’è un ma

“Eppure – osserva l’imprenditrice pugliese – sono convinta che se le donne avessero avuto più ruoli decisionali, più spazio di opinione nei Paesi coinvolti nel conflitto, più opportunità di incontrare e mediare, forse qualche risultato in più lo si sarebbe raggiunto. Questa riflessione è corroborata dalla scoperta umana della figura di Olen Zelenska: la First lady ucraina ora lontana dal Paese insieme ai figli piccoli. La moglie del presidente ucraino è percepita dalla popolazione come la seconda figura di riferimento in questo momento di follia sanguinaria. È vicina a suo marito, racconta attraverso un suo account social personale gli accadimenti nel paese con trasporto e lucidità, evidenziando i sacrifici in particolare quelli delle donne”.

Più volte si ricorda una citazione: il mondo sarà delle donne. “Oggi mi viene da pensare che probabilmente quella citazione sia addirittura l’infausta previsione di un mondo che  – se gli uomini dovessero continuare a farsi la guerra – avrà il suo inevitabile epilogo. E nemmeno in un futuro così lontano”,  conclude Teresa Diomede citando la chiusura del mopnologo di Luciana Littizzetto, ieri su Rai 3: “Spero che possa farlo presto (tornare a casa, si rivolge a un soldato russo), avrai finalmente delle donne accanto a te, quelle che dovranno ricostruire”.

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