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Frutta a guscio ed essiccata

Nocciole: il biologico sta soffrendo

Anselmo Filesi: “Occorre fare educazione alimentare nei confronti del consumatore”

Dopo anni di grande crescita, sembra arrivato il momento in cui anche il biologico deve porsi alcune domande e (soprattutto) darsi delle risposte. A esserne convinto è Anselmo Filesi, titolare dell’azienda agricola biologica Parano di Vasanello (Viterbo), specializzata in corilicoltura (produzione e lavorazione), nonché vero e proprio pioniere del bio dalle sue parti.

Commentando l’ultima annata, Filesi spiega: “La grande siccità dell’estate ci ha messo in grande difficoltà. Il risultato, infatti, è stato quello di avere calibri molto più piccoli del normale e un danno di mancata produzione che è arrivato a superare il 30%. A tal punto che è stato riconosciuto anche lo stato di calamità naturale e, entro il 27 gennaio scorso, si potevano presentare le domande per chiedere i danni. Tale situazione, per quanto ci riguarda, ha provocato anche il blocco dei listini: con questa qualità, infatti, non potevamo aumentare i prezzi, cosicché la crescita dei costi di produzione abbiamo dovuto assorbirla tutta internamente”.

Filesi, poi, riflette anche sull’evoluzione in atto dal punto di vista commerciale. “E’ vero che il biologico spunta in genere prezzi più alti – prosegue – ma richiede anche una maggiore impegno durante le fasi della produzione. Già dallo scorso giugno ho notato che in diversi comparti, in primis l’ortofrutta, dopo una decina d’anni in continua crescita, il bio sta cominciando a dare qualche segnale di calo o di assestamento. Ora, bisognerà capire se si tratta di una fase solo momentanea, ovvero un riflesso del caro bollette e della riduzione del margine di risparmio da parte delle famiglie, oppure se questo fenomeno avrà caratteri più strutturali. Certo è che, analizzando gli anni più recenti, le vendite sono andate bene durante la pandemia, quando tra i consumatori che rimanevano a casa c’era anche la voglia di coccolarsi con prodotti di alta qualità. Ora, invece, assistiamo a una curva discendente, che non riguarda solo l’Italia. Anche Svizzera e Germania, solo per citare due Paesi, vivono una situazione simile alla nostra”.

Filesi, ovviamente, si augura che il comparto del bio possa presto riprendersi, anche perché è già vent’anni che ha adottato questo metodo e ha ammesso che non è stato facile (“i primi dieci anni sono stati molto duri”, dice). Un’idea per uscire da questa impasse la suggerisce: “Come è emerso nel corso della recente conferenza economica della Cia, tenutasi a Roma, occorre rimettere il cibo al centro, educando contestualmente i consumatori nei confronti del cibo. C’è bisogno, insomma, di fare educazione alimentare, anche per avere poi in prospettiva meno problemi di salute”.

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