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Uva Pristine, ecco perché è un modello vincente

Polar Fruit Europe, Coop Italia e Giuliano Pugliafruit rinnovano l’accordo di esclusiva fino al 2026. E arriva la Sicilia

Squadra che vince non si cambia. E così funziona pure in ortofrutta, dove i progetti di filiera sono pochi e quelli che funzionano ancora meno. Invece Pristine/Sweeta – il marchio commerciale dell’uva Blanc Seedless di cui Polar Fruit è esclusivista globale, prodotta in Italia dall’azienda Giuliano Pugliafruit e venduta nel nostro paese solo da Coop Italia con sigillo Fior Fiore – funziona eccome. Tanto che i protagonisti del progetto hanno di recente rinnovato l’accordo di esclusiva per altre quattro stagioni, fino al 2026.

Un modello economico vincente

Con l’aiuto di Graziano Defilippis, Polar Fruit Europe, andiamo a vedere cosa abbia di diverso questo modello economico rispetto ad altre uve brevettate.
“Per l’uva da tavola si tratta di un approccio unico – inizia il manager – Un modello economico, e gestionale, che può funzionare solo con determinati prerequisiti, quali eccellenti caratteri qualitativi, distinguibili, e severe linee guida, verificate in campo dai tecnici Polar tutti i giorni dell’anno, dalla potatura invernale fino alla raccolta. Per quanto riguarda il primo aspetto, la nostra varietà ha la croccantezza e il sapore di mela Smith che oggi non ha nessun’altra varietà”.
Primo appunto: i gradi Brix necessari per la commercializzazione vanno da 19,5 a 21, mentre il diametro limite è 18+.

Un marchio può bastare

Imporre tanti nuovi marchi richiede investimenti tra i 2 e i 3 milioni l’anno per una decina d’anni: 30 milioni di euro. “Abbiamo un marchio e quello deve essere – dice Defilippis – Noi non siamo breeder, abbiamo proposto il progetto commerciale al breeder di Blanc Seedless, Anton Caratan, che lo ha accettato e ci ha concesso l’esclusiva. E’ tutto molto lineare: le piante vengono date a prezzo di costo ai migliori produttori, loro producono per noi e noi parliamo e definiamo le strategie con il cliente. Alla fine, riconosciamo le royalty sul prezzo di vendita. Quanto più il prezzo è elevato, tanto maggiore è il ritorno per produttore e per Polar. E abbiamo fissato un minimo sotto il quale non si può scendere”.

Un altro elemento di valore è che non si piantano ettari fino a quando non c’è un programma commerciale dietro. Ma, nel caso della Pristine/Sweeta made in Italy, si pianta ancora. Obiettivo? Allargare il calendario di produzione e aumentare i volumi.

Entra la produzione siciliana

Oltre al rinnovo dell’accordo, infatti, la novità sta nell’entrata nel progetto della azienda Novello &C di Mazzarrone (Catania). “Con questi nuovi ettari in Sicilia – spiega Defilippis – si amplierà il calendario di vendita. Pensiamo di garantire nove mesi con la stessa varietà in Coop, si anticipa con le prime raccolte in agosto per finire a inizio dicembre e poi proseguire con il controstagione”.

Al webinar di myfruit “Uva da tavola, le sfide per il comparto” dello scorso luglio proprio Salvatore Novello aveva sottolineato l’opportunità per Sicilia e Puglia di creare sinergie per calendarizzare meglio l’intera stagione: “Non una competizione ma un’integrazione”.

A proposito di controstagione

Nove mesi nei reparti Coop Italia, dicevamo. Perché, dopo le uve italiane, arriverà il prodotto di Perù, Sudafrica e Cile con cui si proseguirà fino ai primi di giugno.
Secondo appunto: quest’anno l’uva raccolta in Cile e in Perù il 15 marzo, e arrivata in Italia il 25 aprile, è andata in vendita ai primi di maggio con la croccantezza dell’uva appena raccolta.

Sempre al webinar di myfruit.it, Claudio Mazzini, responsabile freschissimi Coop, aveva raccontato come Pristine avesse risolto un’anomalia quasi solo italiana. “Abbiamo capito che non si vendevano uve in controstagione perché non erano buone. Abbiamo iniziato tre anni fa, adesso da fine marzo abbiamo raggiunto risultati e gradimenti molto alti. Sarebbe importante congiungersi con il prodotto nazionale: il consumatore quando trova un prodotto buono è interessato, anzi il controstagione può fungere da acceleratore per il prodotto italiano”.

Se non è così, non è

E proprio Mazzini oggi conferma: “Intanto parliamo di un progetto che mantiene la promessa di marketing di un prodotto eccellente e sempre uguale a se stesso. Così, lo produciamo e lo vendiamo solo se eccellente. Un aspetto non banale, per il breeder, per il produttore e per il distributore. Gestiamo una filiera corta e sotto controllo, siamo tutti tesi allo stesso obiettivo”.

Della stessa idea Antonio Giuliano, Ceo e responsabile innovazione varietale dell’azienda di Turi (Bari). “Quattro anni fa abbiamo immaginato, e realizzato, un modello di business diverso per l’uva. Un modello che ha cambiato il mercato italiano, ancora orientato alle cultivar con i semi, mentre ora le seedless hanno letteralmente ribaltato la situazione. La ricetta è (apparentemente) semplice, serve una stretta collaborazione tra breeder, produttore e cliente; si offre la migliore versione di una ottima varietà a prezzo soddisfacente per tutti. Lavoriamo tutti in trasparenza e in armonia”.

Terzo appunto: così semplice da pensare di replicarlo su altre categorie. Ma questa è un’altra storia.

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