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Radicchio, quando lo scarto diventa risorsa

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Autore Redazione

Il Consorzio di tutela punta allo sviluppo di un protocollo di difesa che offra maggiore resistenza alla coltura

Se lo scarto del radicchio diventasse utile per la difesa della cicoria? Proprio per rispondere a questa domanda, sia teoricamente che praticamente, il Consorzio di tutela del Radicchio Rosso di Treviso Igp ha organizzato un incontro con l’obiettivo di mettere a sistema un metodo utile a produttori e confezionatori per recuperare materiale organico di scarto.

A dare voce agli studi sviluppati fino a questo momento è stato Massimo Zaccardelli, dirigente di ricerca presso il Crea ed esperto nello sviluppo di protocolli di difesa, il quale ha sottolineato come lo scarto di ogni produzione possa diventare risorsa se trattata correttamente. I dati alla mano, raccolti da oltre un decennio di sperimentazioni, dimostrano come le colture con proprietà simili al radicchio abbiano sviluppato attraverso l’applicazione di tè di compost una maggiore resistenza allo stress delle piante.

Come realizzare il compost

Per realizzare il compost, secondo il Zaccardelli, è sufficiente alternare strati di scarto dalla mondatura del radicchio con materiale strutturante e altro materiale vegetale di recupero come sfalci d’erba o scarti vegetali provenienti dalla mondatura di altri prodotti agricoli per arricchire la complessità del compost; così facendo il composto se mantenuto all’ombra e con sufficiente areazione in circa tre mesi può diventare compost.

La materia organica ottenuta potrà poi, se correttamente conservata, essere utilizzabile per circa dodici mesi per essere sparso sui terreni o per produrre un infuso di compost; anche in questo caso la temperatura costante durante l’infusione e la successiva distribuzione sulle colture sono procedure che vanno monitorate con attenzione.

Tre gli obiettivi

Il protocollo illustrato è, per la coltura del radicchio, ancora in via di sperimentazione ma ha tre obiettivi: ridurre il più possibile l’utilizzo di prodotti chimici, favorire l’accrescimento delle colture riducendo gli attacchi dei principali parassiti fungini del radicchio e, infine, avviare un’economia di tipo circolare per la coltura. Una strada possibile da percorrere sia per le piccole aziende sia per quelle più strutturate; azioni che porterebbero la denominazione sempre più verso l’obiettivo di una produzione a residuo zero.

Fonte: Consorzio di tutela del Radicchio Rosso di Treviso Igp

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