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La Rosa di Gorizia, il radicchio bello, buono e con i semi conservati alle Svalbard

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È iniziata da poco, e in ritardo rispetto alla normalità, la commercializzazione del raro e delicato radicchio rosa di Gorizia. A Milano la presentazione dell’annata e i progetti di comunicazione in cantiere

È meno amaro e più delicato di quello di Treviso, può cambiare per dimensioni e intensità di colore, ma la sua forma è sempre quella di un fiore, di una rosa, che lo rende unico nel suo genere. È partita da pochi giorni la commercializzazione di una vera e propria chicca del panorama orticolo italiana: la Rosa di Gorizia.

Presidio SlowFood e prodotto DeCo, se ne producono quantità davvero limitate, vuoi perché circoscritto ad un territorio ristretto ma ideale, vuoi perché le rese basse non invogliano produzioni più massificate. L’Associazione Produttori della Rosa di Gorizia ha scelto il nuovo hub di Identità Golose a Milano per presentare i nuovi progetti di promozione in cantiere e lanciare di fatto l’inizio della sua stagione.

«L’Associazione è composta da 12 produttori, la vendita è individuale da parte di ogni singola azienda e in un anno se ne produce poco: normalmente circa 14/15 quintali da un ettaro, ma dipende dal tempo» ha spiegato Fabio Brumat, uno dei pochi produttori rimasti e che ha illustrato il lungo lavoro che c’è dietro la sua produzione, a partire dalla semina, molto anticipata rispetto al solito.

«Si semina con la luna calante del mese di aprile o di maggio perché in zona i terreni non sono assistiti da impianti di irrigazione e così in questo modo i semi possono far sì che le radici scendano in profondità». Solo semi autoctoni, ogni produttore ha i suoi, selezionati da anni, che fanno sì che poi in commercio ci possano essere prodotti di pezzature e colori lievemente differenti, anche se «il gusto, delicato, è poi sempre lo stesso». Un esempio di biodiversità da preservare, tanto che tutti i produttori ne hanno spediti alcuni da conservare in una vera e propria banca dei semi, il famoso Svalbard Global Seed Vault in Norvegia. Un deposito con più di un milione di semi che si trovano a -18°C al riparo da qualsiasi cataclisma possa sconvolgere il nostro pianeta.

Quest’anno la commercializzazione, complice il caldo autunnale, è iniziata da pochissimo. «Un tempo l’8 dicembre era l’ultimo giorno di raccolto, poi arrivava la neve.  Oggi all’8 dicembre siamo in piena stagione e si raccoglierà anche a gennaio». Difficile da trovare in commercio e sicuramente non a buon mercato – in alcuni Mercati che riescono ad averlo su prenotazione arriva anche a 50 euro al chilo – la Rosa di Gorizia è amata da molti chef, come Diego Bongiovanni, di casa alla Prova del Cuoco, che durante la presentazione lo ha cucinato in modo molto naturale unendolo ad un risotto.

Tra i progetti futuri dell’Associazione un “Giro d’Italia con la Rosa” che coinvolgerà molti chef che creeranno piatti che poi andranno a comporre un ricettario ad hoc e un “Mercato C0ntadino“, che verrà organizzato il prossimo febbraio.

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