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Carciofo Moretto, un progetto per il recupero storico

CarciofoBrisighella
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Autore Redazione

È una varietà autoctona del comune romagnolo di Brisighella dove viene coltivato da una trentina di produttori su circa 5 ettari

Un piccolo gioiello che nasce  nei calanchi gessosi della Romagna ed è custodito da un pugno di produttori. Il carciofo Moretto è una produzione autoctona di Brisighella e quello autentico cresce solo in questo comune, già molto conosciuto per il suo olio.

Sono circa una  trentina i produttori di cui dieci sono stati insigniti del titolo di “Custode del Carciofo Moretto” e hanno avviato, assieme all’azienda agraria sperimentale Marani di Ravenna, un progetto comprensoriale per il recupero storico di questa varietà coltivata a Brisighella fin dagli anni Quaranta e Cinquanta. Il comitato promotore del doc “Il Moretto di Brisighella” ha redatto un disciplinare che identifica la zona di produzione e denominazione di origine controllata nel comune di Brisighella e le tecniche di coltivazione e raccolta.

Il Moretto è una varietà rustica sulla quale non sono stati fatti interventi genetici e ciò ha consentito di mantenere inalterate nel tempo le caratteristiche e gli aromi originari, diversamente da altre varietà largamente coltivate nel bacino del Mediterraneo. Cresce nei tipici calanchi gessosi del parco regionale della Vena del Gesso Romagnola dove si trovano terreni siliceo-argillosi e ben esposti a sole, la  pianta è un cespuglio che può raggiungere un’altezza di 150 centimetri, il fusto è eretto con getti basali  usati per la riproduzione. Il Moretto ha un colore violaceo con riflessi dorati, spine giallo nere ben formate e rigide. Il suo sapore è leggermente amaro, fresco, appetitoso. Le foglie verdi-grigiastre sono grandi e spinose, pendenti all’infuori e il suo sapore è leggermente amaro, fresco, appetitoso.

Per celebrarlo il comune di Brisighella organizza tutti gli anni una sagra a metà maggio, subito dopo il periodo di raccolta. Il prossimo appuntamento è previsto il 7 e 14 maggio.

Crediti foto: www.imolafaenza.it

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