09 ottobre 2014

Retail. Alla ricerca delle promozioni intelligenti

64

È un tema ricorrente ormai, vista l’incredibile pressione promozionale che la grande distribuzione sta attuando da quando è iniziata la crisi, e ancor di più ultimamente, come se fosse l’unica arma per risollevare i consumi. Ma le promozioni funzionano ancora? Durante l’ultima presentazione del Rapporto Coop, Marco Pedroni, presidente di Coop Italia, aveva mostrato come negli ultimi due anni siano aumentate del 3,5% ma non abbiano più la capacità di muovere volumi come sino al 2009. Gli ospiti del talk show mattutino andato in scena durante l’ottava edizione del Summit Consumer & Retail a Milano si sono in parte divisi sul tema. «Se non ci fossero le promozioni io non vedo futuro per i supermercati, servono a distinguerli dai discount» ha sostenuto Vito Gulli, presidente di Generale Conserve. «Sono uno strumento di marketing, non vedo alternative» ha confermato anche Mario Resca, presidente di Confimprese. Giacomo Archi, amministratore delegato di Henkel ha, invece, sottolineato «gli effetti devastanti dell’iperpromozionalità, che oramai bloccano le vendite classiche a scaffale e le loro rotazioni».

Ma quello che emerge con chiarezza è che serve rendere le promozioni più puntuali e meno massificate (tutto a tutti), come in questo momento. Secondo Barbara Gabrielli, vice presidente del Gruppo Gabrielli (Oasi, Tigre, Tigre Amico), per esempio, sarebbe necessario fare micromarketing per attuare una scontistica più puntuale, aspetto sul quale concorda anche Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad, che allarga il discorso anche alla condivisione dei dati e al loro scambio tra distribuzione e produzione. «Conoscere le quote di mercato di un prodotto nelle varie catene della grande distribuzione non serve a nulla per il business. Serve solo per la negoziazione». Scambiarsi dati, invece, per capire l’utilità o meno di certe promozioni, avrebbe un senso, ma solo con fornitori leali. «Noi abbiamo bisogno di passare da promozioni massificate a targhettizzate. Il patrimonio di dati che stiamo raccogliendo ci servirà a segmentare anche i nostri fornitori e dividerli tra quelli che ci servono per fidelizzare i clienti storici, e quelli che invece sono solo occasionali».

Crediti foto: archivio.panorama.it

Potrebbe interessarti anche