Salute e benessere

13 maggio 2025

Ortaggi, rilevata la presenza di additivi per pneumatici

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Microparticelle e additivi chimici rilasciati degli pneumatici sarebbero presenti nella verdura abitualmente consumata. A dirlo è lo studio Assessment of tire-derived additives and their metabolites into fruit, root and leafy vegetables and evaluation of dietary intake in Swiss adults frutto della ricerca congiunta del Federal food safety and veterinary office (Fsvo) e dell’Ecole polytechnique fédérale de Lausanne. 

In estrema sintesi questi residui – noti come Trwp (Tire and road wear particles) – penetrerebbero nei suoli agricoli e finirebbero per accumularsi nei prodotti alimentari. Tra le sostanze particolarmente dannose spicca il 6-PPD, ampiamente usato per prolungare la vita utile degli pneumatici. 

Il suo prodotto di trasformazione, il 6-PPD-chinone (6-PPDQ), è stato identificato come altamente tossico per la fauna acquatica e, più recentemente, è stato associato a effetti tossici anche nei mammiferi, ai quali causerebbe alterazioni epatiche e potenziali danni neurologici.

Misurare l’invisibile

L'indagine condotta in Svizzera ha analizzato 100 campioni di dieci varietà di ortaggi tra i più consumati: lattuga, spinaci, cavoli, carote, patate, cipolle, zucche, zucchine, pomodori e peperoni. Le verdure sono state acquistati nei supermercati di diverse insegne (Migross, Coop, Denner, Lidl, Aldi), ma anche nei mercati contadini. I campioni sono di origine svizzera, italiana, spagnola e francese e sono provenienti da agricoltura convenzionale e biologica.

Il protocollo di analisi ha previsto il lavaggio, la liofilizzazione, la macinazione e l’estrazione dei campioni vegetali, seguiti da un’analisi strumentale altamente sensibile. Le concentrazioni rilevate sono risultate comprese nell’intervallo di quantificazione, garantendo dati affidabili. È stata inoltre osservata la presenza di metaboliti, indicativi di trasformazioni chimiche che avvengono all’interno delle piante e che potrebbero alterare le proprietà tossicologiche originali delle sostanze.

Le tecniche di analisi impiegate sono la cromatografia liquida accoppiata a la spettrometria di massa, le quali hanno rivelato la presenza di diversi additivi degli pneumatici nei tessuti vegetali analizzati. In particolare, i ricercatori hanno rilevato che anche le verdure provenienti da coltivazioni biologiche non sono esenti da contaminazione.

Secondo lo studio, le particelle derivate dall’usura degli pneumatici possono raggiungere i terreni agricoli attraverso diversi percorsi e cioè per deposizione atmosferica, per percolamento, tramite l'irrigazione con acque reflue trattate.

I risultati

In tutti i gruppi di ortaggi analizzati sono state rilevate tracce di contaminazione. In particolare, il 31% dei campioni conteneva almeno una sostanze derivate dagli pneumatici a livelli superiori al limite di quantificazione (Loq). In particolare, è stata riscontrata la presenza di benzotiazolo (BTH), 1,3-difenilguanidina (DPG), 6-PPD (un antiossidante usato negli pneumatici), 1,3-dicicloesilurea (DCU) e 

Tra queste, la DPG è risultata la più frequentemente presente (18% dei campioni), seguita da 6-PPD (15%), DCU (10%) e BTH (3%). Nei campioni di verdure a foglia, lo spinacio ha rappresentato il 78% dei casi positivi alla DPG, evidenziando una particolare suscettibilità di questa coltura all’assorbimento del contaminante.

Che cosa ingeriamo? 

Sulla base delle concentrazioni rilevate, lo studio ha stimato l’esposizione alimentare giornaliera a queste sostanze nei consumatori: 6-PPDQ: 0–18,7 ng/persona/giorno; DCU: 0–57,7 ng/persona/giorno; 6-PPD: 0–42,3 ng/persona/giorno; DPG: 0–42,4 ng/persona/giorno.

Si tratta di quantità estremamente ridotte - precisano gli autori dello studio - e pertanto, sulla base delle attuali conoscenze tossicologiche, non emergono rischi immediati per la salute umana.Tuttavia, permangono ampie lacune di conoscenza sugli effetti a lungo termine dell’esposizione cronica a questi contaminanti. 

Un invito alla ricerca e alla riflessione

Secondo i ricercatori, sono dunque necessari ulteriori studi per comprendere meglio i meccanismi di trasferimento di queste sostanze dal suolo alle piante ed è necessario valutare i rischi per la salute umana. Sono inoltre da sviluppare strategie per ridurre l’esposizione degli ortaggi a queste sostanze. 

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