Logistica e Trasporti

18 settembre 2025

Logistica, la Cina accelera sulla rotta Artica

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La Cina rompe gli equilibri della logistica globale e inaugura ufficialmente il China-Europe Arctic Express, un nuovo collegamento marittimo stagionale lungo la rotta artica settentrionale (NSR), che si snoda lungo la costa Siberiana. 

Con questa mossa strategica, Pechino intende ridurre la dipendenza dalle rotte tradizionali, come il Canale di Suez e la via del Capo di Buona Speranza, sempre più esposte a crisi geopolitiche e instabilità regionali.

Tra due giorni si parte

La prima partenza è in programma per il 20 settembre. Una nave container di media capacità, la Istanbul Bridge, con una stiva da 4.900 Teu, salperà dai porti cinesi di Ningbo-Zhoushan, Qingdao e Shanghai per raggiungere gli hub europei di Rotterdam, Amburgo, Felixstowe e Danzica. Sebbene si tratti di un progetto ancora sperimentale, l’obiettivo è chiaro: testare la sostenibilità logistica ed economica di una nuova direttrice commerciale tra Asia ed Europa.

Una nuova via per le merci deperibili

Il fattore più interessante è senza dubbio la velocità. I tempi di percorrenza stimati sulla nuova rotta sono di appena 18-20 giorni, contro i 30-40 giorni richiesti dalle tratte via Suez o Capo di Buona Speranza. Questa drastica riduzione rende la NSR particolarmente attrattiva per il trasporto di merci sensibili al tempo, come i prodotti agroalimentari

In questo settore, è noto, ogni giorno guadagnato ha un impatto diretto sulla freschezza, sul valore commerciale del carico e sulla competitività complessiva dell’offerta. Inoltre, riducendo i tempi di viaggio, si abbassa anche il fabbisogno di refrigerazione prolungata, con conseguenti benefici in termini di costi energetici ed emissioni.

Potenzialità e ostacoli della rotta

Le potenzialità della rotta artica, però, vanno bilanciate con una serie di criticità strutturali e geopolitiche. Anzitutto, la navigabilità della NSR è ancora limitata ai mesi estivi e autunnali. Mosca punta alla piena operatività annuale entro il 2030, grazie all’ampliamento della propria flotta di rompighiaccio nucleari, ma ritardi e difficoltà tecniche rendono il traguardo incerto.

Inoltre, l’intero corridoio marittimo si sviluppa in acque sotto giurisdizione o rivendicazione russa, un fattore che, in un contesto di tensioni crescenti tra Mosca e l’Occidente, solleva interrogativi sull’affidabilità del passaggio nel lungo periodo. La Russia è l’unico Paese a disporre di una flotta significativa di rompighiaccio, rendendola di fatto arbitra dell’accessibilità alla rotta. In uno scenario in cui i rapporti tra Russia e Occidente continuano a deteriorarsi, questa dipendenza può diventare un problema strategico.

Un ulteriore limite riguarda l’assenza di mercati intermedi lungo il percorso. A differenza delle rotte tradizionali, dove le grandi navi fanno scalo in più porti per carico e scarico, la NSR impone un modello punto a punto: la nave parte piena e arriva piena, senza possibilità di frazionamento della tratta. 

Questo schema mal si adatta al modello attuale dello shipping containerizzato, basato su grandi volumi e frequenti fermate. A ciò si aggiunge l’impossibilità, per ora, di impiegare le mega-navi da 20mila Teu che solcano il Canale di Suez, costringendo le compagnie a utilizzare imbarcazioni più piccole e meno efficienti dal punto di vista economico.

Costi nascosti e fragilità ambientale

Dal punto di vista economico, il transito lungo la rotta artica comporta costi aggiuntivi non trascurabili. Sono necessari permessi speciali per la navigazione, le assicurazioni sono più onerose, e l’assistenza da parte di rompighiaccio è indispensabile in molti tratti. Le infrastrutture di supporto, inoltre, sono ancora in fase embrionale, e lungo l’intero percorso mancano veri e propri punti di soccorso. Esistono piattaforme energetiche che possono fornire appoggio in caso di emergenza, ma non sono progettate per rispondere a incidenti marittimi complessi.

A queste problematiche si aggiungono i rischi ambientali. L’Artico è un ecosistema estremamente delicato, e un eventuale sversamento di carburanti o carichi tossici avrebbe effetti devastanti. Le emissioni generate dal traffico marittimo in queste zone contribuiscono inoltre allo scioglimento accelerato dei ghiacci, un paradosso che contraddice ogni obiettivo climatico a lungo termine. 

La posizione dell’Italia: tra rischio e opportunità

Nonostante queste criticità, se il test dovesse trasformarsi in una rotta stabile, il baricentro logistico dei flussi tra Asia ed Europa potrebbe spostarsi verso Nord, marginalizzando il ruolo storico del Mediterraneo e mettendo sotto pressione i porti italiani, in particolare quelli dell’Alto Adriatico come Trieste e Venezia.

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