Logistica e Trasporti

19 maggio 2025

Logistica Gdo: la rete è centralizzata, anche per il fresco

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La rete logistica della Gdo è centralizzata. A dirlo è il report Blue Book di GS1 Italy/Ecr Italia intitolato Mappatura ed evoluzione dei flussi logistici nella filiera del largo consumo, secondo il quale con un tasso del 91%, il fresco si è avvicinato ai livelli di centralizzazione del secco (92%). In altre parole, la maggior parte dei prodotti secchi e freschi transitano per un centro di distribuzione (Ce.Di).

L'indagine

L’indagine è stata condotta fra marzo e dicembre 2024 dal gruppo di ricerca guidato da Fabrizio Dallari, docente della Liuc Università Cattaneo e Marco Melacini, docente del Politecnico di Milano, con il contributo di ricercatori operanti al centro di ricerca sulla logistica e la supply chain della Liuc e del dipartimento di Ingegneria gestionale del Politecnico di Milano. 

Sono stati esaminati i rapporti logistici di 45 imprese fra industria di marca, insegne della Gdo e operatori logistici. 

La premessa

Negli ultimi anni, la supply chain del largo consumo ha attraversato un periodo di profondi cambiamenti, accelerati da fenomeni globali che ne hanno reso il contesto di riferimento sempre più complesso e imprevedibile. La pandemia di Covid-19, la crisi dei trasporti, le nuove esigenze di servizio, l’impegno crescente verso la sostenibilità e il rapido avanzamento della digitalizzazione hanno determinato una trasformazione significativa dei flussi logistici. 

La ricerca è partita dalla quantificazione dei flussi logistici movimentati nel settore del largo consumo per l’anno solare 2023: l'obiettivo era comprenderne l’evoluzione rispetto alle analoghe rilevazioni del 2008 (15 anni prima) e del 2018 (cinque anni prima).

Con riferimento ai 12 mesi del 2023, anno in cui è avvenuta la mappatura dei flussi, si è stimato un volume complessivo di 4,6 miliardi di colli in transito nella filiera considerando tutte le categorie merceologiche (secco, fresco, ortofrutta, surgelati e altro), e tutte le tipologie di punti di vendita del canale Gdo.

Rispetto al 2018, i flussi relativi al secco e al fresco complessivamente sono aumentati del 10%, passando da 3,4 a 3,7 miliardi di colli/anno. 

Focus sui freschi

I prodotti freschi - sottolinea lo studio - a causa della loro deperibilità e della prassi di concedere almeno i due terzi della loro vita utile alla Gdo, richiedono una logistica a flusso teso, cioè orientata al rapido trasferimento al punto di vendita. Infatti, nella maggior parte dei casi, i prodotti freschi transitano attraverso i Ce.Di secondo una logica di ventilazione: gli ordini dei punti di vendita serviti dal Ce.Di vengono aggregati e inviati al fornitore; una volta ricevuti, vengono smistati direttamente nel Ce.Di in base alle richieste specifiche di ciascun puntoti vendita, senza passare per lo stoccaggio e il successivo prelievo. 

Anche nei casi in cui la gestione dei prodotti freschi avviene secondo una logica a stock e successivo prelievo, la limitata shelf life determina ordini di rifornimento al fornitore  più frequenti e di dimensioni ridotte rispetto a quanto avviene per i prodotti secchi.

I risultati

Il primo risultato della mappatura svolta nel corso del 2024 conferma il trend di quasi totale centralizzazione dei flussi logistici ai Ce.Di della Gdo. Contestualmente, il ridisegno dei network logistico-distributivi ha visto una forte accelerazione nel periodo post-Covid-19 secondo un duplice approccio: da un lato i fornitori stanno arretrando le scorte nei loro magazzini di fabbrica nei depositi centrali per massimizzare l’efficienza, riducendo la capillarità della rete distributiva dei depositi di secondo livello, in termini di numero di depositi periferici e transit point. 

Dall’altro lato la Gdo ha in parte rivisto il proprio assetto logistico multilivello, composto da Ce.Di (Centri Distribuzione) primari e secondari, al fine di aumentare la flessibilità della rete e garantirsi una maggiore ridondanza e resilienza.

Il secondo risultato è la crescente ricerca di ottimizzazione e di recupero di efficienza nei processi di interfaccia tra fornitori e insegne. Questa esigenza ha portato a lavorare su molteplici aspetti, tra cui l’aumento della dimensione media degli ordini (l’order size ha registrato un incremento del 14% negli ultimi dieci anni), che ha generato una maggior incidenza delle unità di carico  intere in ingresso ai Ce.Di, passata dal 76 al 79% per il secco.

Il terzo risultato è il diverso grado di visibilità lungo la supply chain da parte dei fornitori, a causa della tendenza di molte aziende di ricorrere a strategie di outsourcing logistico strategico. Questa scelta, se da un lato consente di esternalizzare la gestione operativa e beneficiare di economie di scala dall’altro, se non gestita correttamente, riduce il controllo sui flussi fisici e sulle prestazioni di servizio fornite alla Gdo.

Il quarto risultato riguarda il tema del livello di servizio, in termini sia di prestazione erogata, sia di modalità con cui i due attori misurano la performance, che rappresenta un’importante area di confronto per la filiera. Da una parte, infatti, la frammentazione della rete distributiva dei fornitori e l’aumento dei punti di evasione degli ordini rendono più complessa l’allocazione degli stock nella rete di depositi di primo e secondo livello per ottimizzare il processo di evasione degli ordini. 

Dall’altra, permane una forte incertezza e variabilità della domanda che determina un incremento dei livelli di stock nella rete, con impatti negativi anche sulla freschezza delle referenze con ridotta shelf life.

Parola d'ordine sostenibilità

Sul fronte della sostenibilità ambientale, le imprese iniziano a crederci realmente. Quasi la metà ha già introdotto il trasporto intermodale e circa due terzi ha avviato un ridisegno della propria rete logistica con l’obiettivo di ridurre le distanze di consegna. Cresce l’impiego di materiali riciclati e di imballaggi più leggeri o riutilizzabili, anche se rimangono sfide legate alla logistica inversa e alla difficoltà di misurare con precisione le emissioni indirette di tipo Scope 3, ossia quelle che non sono direttamente controllate dall'azienda stessa ma sono comunque legate alle sue attività.

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