10 giugno 2016

Castagno, anche nel Lazio prosegue la lotta al cinipide

51

Dopo le recenti segnalazioni di persistenza del cinipide galligeno in alcune aree del sud della Toscana, la lotta biologica a questo insetto responsabile negli ultimi anni della distruzione di interi raccolti di castagne continua anche nel Lazio. A Lariano, in provincia di Roma, sono stati programmati nei giorni scorsi diversi lanci di Torymus sinensis, l’insetto antagonista del cinipide. Tanto che il sindaco di Lariano, Maurizio Calciotti, ha commentato: “Ci sono stati netti miglioramenti grazie al lavoro avviato negli ultimi anni, ma non dobbiamo abbassare la guardia di fronte a una problematica che ha un impatto negativo sull’economia del nostro territorio. Per questo è importante proseguire, in sinergia con la Regione Lazio e con la collaborazione del nostro personale, la lotta biologica già intrapresa a tutela del nostro patrimonio”. Alfonso Mauro, assessore al patrimonio boschivo, ha aggiunto: “Il cinipide, in questi ultimi anni, ha arrecato notevoli danni al nostro patrimonio boschivo. Se non contrastato rischia di compromettere lo stesso paesaggio e l’economia, in particolare della nostra comunità, dove la silvicoltura del castagno è una vera tradizione e una grande risorsa. Per questo, è necessario continuare a impegnarci in tutte quelle attività volte alla proliferazione e al monitoraggio del torymus sinensis”.

Anche in Campania la presenza della vespa cinese, altro nome con cui è noto il cinipide, sta facendo ancora paura. Tanto che la Cia, confederazione italiana agricoltori, oltre ad avere segnalato il fenomeno ha avanzato nei giorni scorsi anche alcune proposte concerete. “Innanzitutto – ha detto – occorre ridefinire le aree vocate a castagneto, trattate finora semplicemente come zone boscate e non come superficie agricola e frutteti. In realtà i castagneti, parte dei quali insigniti del marchio Igp, assolvono al ruolo di vere e proprie produzioni a reddito d’impresa, esportate in tutto il mondo, con centinaia di unità lavorative occupate, che fanno della Campania la prima Regione produttrice d’Italia.

Oltre all’aspetto economico e di mercato – prosegue la Cia Campania – va anche considerato che il settore, se messo in condizione di produrre reddito, difende l’ambiente da incendi e squilibri idro-geologici. La Cia regionale chiede quindi che Regione Campania e Ministero delle Politiche agricole ridefiniscano le aree montane vocate come veri e propri frutteti e non come boschi. Questo significherebbe poter accedere ad altre soluzioni anti-crisi, anche biologiche, possibili nell’ortofrutta, ma negate nella castanicoltura”.

Potrebbe interessarti anche