Trend e mercati

21 novembre 2024

Agricoltura italiana seconda in Ue per valore aggiunto

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L’Italia copre poco meno del 17% dell’economia del settore primario dell’Ue. Un’incidenza, in termini di valore aggiunto, che pone il nostro Paese al secondo posto, appena dietro alla Francia (con il 17,4%), ma davanti a Spagna (14,7%) e Germania (13,8%). 

Una posizione confermata anche nel 2023, nonostante la riduzione del 3,3% del valore aggiunto in termini reali (al netto cioè della dinamica dei prezzi), conseguente a un’annata agraria pesantemente condizionata dagli eventi climatici avversi. Tra questi, i noti fenomeni alluvionali del mese di maggio in Emilia-Romagna, Toscana e Marche, le gelate tardive, che hanno interessato il 40% delle aree agricole italiane, specie nel Nord-Est e lungo la dorsale appenninica, e le ondate di calore al sud. Con un bilancio dei danni, a carico soprattutto di frutta, foraggi e cereali, stimato da Ismea, per i soli eventi catastrofali (gelo e brina, siccità e alluvione) attorno al miliardo.

Sono alcune delle evidenze emerse oggi nel corso della presentazione del rapporto Ismea 2024 sull’agroalimentare italiano, tenutasi al ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, alla presenza del ministro Francesco Lollobrigida.

I numeri

L’annata 2023 è stata negativa per le coltivazioni legnose, che più di altre hanno risentito dell’impatto di grandine e gelo tardivo sulla produzione: frutta (-3%), ma soprattutto vino (-16,1%), che nel 2023 ha sperimentato la peggiore vendemmia dal dopoguerra ad oggi. Il consuntivo dell’anno si è rivelato negativo anche per patate (-4,4%), ortaggi (-1,5%), per il comparto florovivaistico (-3,8%) e per la zootecnia (-2,6% le carni bovine e -1,1% il latte). 

Le coltivazioni erbacee, al contrario, hanno registrato un andamento complessivamente positivo, in particolare le colture industriali (+8,5%) e i cereali (+6,6). In recupero la produzione di olio di oliva, aumentata in misura significativa (+36%) anche se lontana dai potenziali.

Contrariamente al settore primario, l’industria alimentare ha chiuso il 2023 con un risultato decisamente migliore: il valore aggiunto è aumentato del 16% a prezzi correnti e del 2,7% in volume, rispetto all’anno precedente, nel contesto di una dinamica molto positiva nel decennio 2014-2023, sia in termini nominali (+45%) che reali (+26%). La produzione l’anno scorso, ha registrato solo una leggera flessione (-1,7% rispetto al 2022), ma nel quadro di un trend decennale, comunque, positivo (+10,5%).

Il primo comparto dell’industria alimentare italiana è il lattiero-caseario, a cui si deve il 14,3% del fatturato complessivo; seguono ortofrutta (8,5%), elaborati a base di carni (8,1%), vino (7,6%) e macellazione di carni rosse (7,2%). Pasta e olio, prodotti di punta dell’export, coprono rispettivamente il 5,7% e il 5,1% del fatturato dell’industria alimentare italiana. 

Le dinamiche del 2023 sono positive per il lattiero-caseario (+3,4%), trainato da export e consumi interni; cioccolateria e confetteria (+1,6%), grazie alla spinta della domanda estera; mangimistica (+1,9%) e panetterie e pasticcerie artigianali (+0,9%). Si riducono, al contrario, i fatturati di oli e grassi vegetali (-10,5%), industria ittica (-9,2%), carni rosse (-7,5%), succhi di frutta (-7,9%) e gelati (-8,1%).

L’Italia si conferma al terzo posto per incidenza sul valore aggiunto dell’industria alimentare dell’Ue, con una quota dell’11,9%, preceduta da Germania (leader con il 19,5%) e Francia (17,8%); quarta è la Spagna con il 10 per cento.

Agricoltura e industria alimentare, realizzano insieme un valore aggiunto di 77,2 miliardi di euro, pari a circa il 4% del Pil nazionale, con il contributo maggiore riconducibile al settore primario (40,5 miliardi). Comprendendo anche le fasi a valle del sistema produttivo della distribuzione e della ristorazione, l’incidenza sul Pil sale al 7,7%, spingendosi fino al 15% se si includono i servizi di logistica, trasporto e intermediazione relativi alla filiera agroalimentare.

Ice: "La priorità è la lotta alla concorrenza sleale

“Tra gennaio e agosto 2024 l’export del settore agroalimentare è cresciuto del +8,2% arrivando a raggiungere quota 44 miliardi di euro. Un traguardo tanto più significativo se si considera l’incertezza dovuta all’instabilità dell’economia tedesca e ai conflitti bellici in atto - rileva Ice - I 64 miliardi di euro di export raggiunti dalla filiera dell’agroalimentare nel 2023, che potrebbero arrivare a 70, sono certamente merito della qualità dei prodotti sia dei produttori del settore, delle pmi italiane, delle grandi imprese, degli importanti aiuti giunti dal Governo e dal Sistema Paese, Ice, Sace, Simest e Cdp nella scia della diplomazia della crescita, che danno un importante contributo nel processo di internazionalizzazione delle imprese".

Ice dal canto suo per l’agroalimentare nel 2023 ha messo in campo oltre 120 iniziative, contribuendo alla realizzazione di 56 fiere. Ha generato nel nostro paese un livello di incoming pari ad oltre 1950 buyers esteri - aggiunge - Un lavoro che va di pari passo con l’impegno che Ice profonde nel sostenere la candidatura della cucina italiana a patrimonio immateriale dell’Unesco".

"Il rapporto presentato oggi da Ismea rappresenta un importante bussola per il comparto, poiché fotografa l’andamento del settore dell’anno appena trascorso. In primo piano resta il tema della contraffazione e dell’italian sounding: a fronte di 64 miliardi di export del settore, subiamo la perdita di 63 miliardi di concorrenza sleale dell'italian sounding - conclude - Tutti gli sforzi e gli investimenti compiuti negli anni dagli imprenditori italiani per promuovere la conoscenza del marchio made in Italy oggi vengono sfruttati da chi lo imita ed è per questo che va combattuto a tutti i livelli”.

Fonte: Ismea - Ice


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