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Nashi in cucina? Si può e con risultati inaspettati

Jean Paul Martinengo, chef e grande estimatore della pera nashi, ci guida al suo uso in cucina

“Provatele e usatele!”. Se pensavate di trovare uno chef scettico e poco creativo nell’utilizzare la frutta in cucina, avete sbagliato indirizzo. Jean Paul Martinengo, chef del ristorante “Les Gourmands” di Cuneo, probabilmente anche per merito delle sue origini multietniche (nonno spagnolo, nonna francese, mamma algerina, papà piemontese) non ha timori nel cimentarsi con la sperimentazione, non allontanandosi mai, comunque, dalla tradizione piemontese: “Prima di tutto bisogna sottolineare come in Piemonte ci sia un’antica tradizione che vede l’utilizzo di pere e mele in cottura con il vino, piuttosto che per ricavarne gelatine o marmellate”.

Entrando nel merito della pera Nashi, bisogna fare attenzione ad alcuni aspetti durante la sua lavorazione: “L’ho usata in vari modi, avendo però l’accortezza di fare attenzione ad alcuni aspetti: rilascia molta acqua, ma soprattutto ha una fibra che fa fatica a stare insieme”. Quindi? “Cotture brevi, facendo attenzione al contempo a non perdere il gusto del fresco”. Quali, invece, le doti positive se usato come ingrediente durante la preparazione dei piatti: “la dolcezza e la freschezza che donano armonia ai piatti”. Tra le sue tante sperimentazioni con la pera nashi, due piatti: spadellate con burro e pepe per accompagnare il baccalà, oppure come contenitore! “Sì, ho usato questa pera come contenitore per cuocere al suo interno dei ravioli, dalla sfoglia molto sottile, ripieni, per esempio, di foie gras”. Nashi quindi come mezzo per giocare con contrasti e armonie. “È un frutto divertente e permette di realizzare piatti moderni ma che al tempo stesso racchiudono parte delle nostre tradizioni regionali”.

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