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Kiwi 2002: in calo la produzione

Al congresso annuale dell’IKO previsto un calo del 17% nella produzione dell’emisfero settentrionale

Meno produzione e più qualità per il kiwi 2002

(Ferrara, 21 settembre 2001). Organizzata dal CSO, si è tenuta nei giorni scorsi a Ferrara la ventesima edizione dell’annuale incontro IKO – l’organizzazione internazionale che raggruppa i più importanti paesi produttori di kiwi. All’incontro hanno partecipato le delegazioni di Italia, Nuova Zelanda, Francia e Stati Uniti con una rappresentanza di produttori spagnoli e coreani.
Al centro della riunione c’è stata un’analisi ad ampio raggio sulle principali direttrici di sviluppo del comparto ed uno scambio d’informazioni relativamente all’offerta produttiva, la commercializzazione e l’andamento dei consumi. Nel corso dei lavori sono state anche valutate le possibilità di miglioramento degli standard qualitativi del kiwi e l’opportunità di avviare iniziative promozionali comuni.
Per quanto riguarda l’analisi produttiva a livello mondiale, è emersa una certa tendenza generalizzata all’aumento degli impianti: la Nuova Zelanda, che negli ultimi anni aveva evidenziato una certa stabilità delle superfici coltivate, nel 2001 vede aumentare i propri ettari investiti di circa il 10% rispetto all’anno precedente, con la previsione che nei prossimi tre anni le superfici possano ancora aumentare di circa 700 ettari, soprattutto con impianti della varietà Zespri Gold, seguita dalla tradizionale Hayward. In Italia la superficie investita è stimata in crescita soprattutto in Lazio, Veneto, Calabria e, in minor misura, in Piemonte. Lievi aumenti sono stati riscontrati anche in Spagna e Portogallo, mentre stazionaria è la situazione in Francia, Grecia, California e Cile.
Per l’Emisfero settentrionale le previsioni produttive per l’imminente campagna 2001/2002 dovrebbero attestarsi attorno alle 428.000 tonnellate, con una diminuzione di circa il 17% rispetto all’annata record del 2000.
In Francia vengono stimata una produzione di circa 55.000 tonnellate, con un -10% rispetto al 2000 per problemi di impollinazione e di alte temperature invernali soprattutto in Corsica e nel Sud-Est della Francia. Analoghe condizioni si sono verificate in Grecia dove, dopo gli elevati livelli produttivi delle ultime due campagne, quest’anno si prevede un raccolto di circa 45.000 tonnellate con una flessione di oltre il 25%. In diminuzione rispetto allo scorso anno anche la produzione californiana che sembra ammontare a circa 20.500 tonnellate, come pure quelle di Corea, Spagna e Portogallo.

Il kiwi in Italia

Per quanto riguarda l’Italia, dopo le produzioni record degli ultimi due anni, la produzione prevista per il 2001 dovrebbe ammontare a circa 281.000 tonnellate, con un decremento di 17,5 punti percentuali rispetto al 2000. Questa flessione è attribuibile soprattutto a fattori climatici, quali l’inverno mite, le gelate primaverili, le grandinate e qualche problema di impollinazione.
Le principali regioni produttrici, Lazio e Piemonte, sono quelle che maggiormente hanno concorso al calo dell’offerta (-20% il Lazio e -23% il Piemonte). Migliore appare la situazione in Emilia Romagna, dove la flessione produttiva sembra non superare mediamente il 5%, mentre in Veneto la diminuzione potrebbe raggiungere anche il 9% rispetto alla già scarsa produzione del 2000.
Il quadro esposto sembra quindi prospettare un tranquillo avvio della campagna di commercializzazione per l’Emisfero settentrionale in considerazione del fatto che il Cile ha terminato le proprie spedizioni e la Nuova Zelanda sta regolarmente esaurendo le proprie partite di prodotto. Infatti, nonostante una produzione da record, le vendite neozelandesi nel periodo primaverile-estivo sono procedute a ritmi più sostenuti rispetto ai programmi iniziali, così da anticipare a metà novembre l’esaurimento della gamma completa d’offerta, per proseguire la presenza sul mercato europeo soltanto con piccole quantità di kiwi di particolari calibri.

La Cina si affaccia all’orizzonte

Durante i lavori è stata analizzata la situazione produttiva in Cina alla luce anche delle sue notevoli potenzialità. A tutt’oggi, gli impianti in questo immenso paese sembrano coprire un’area di 45.000 ettari, di cui due terzi in allevamento, con una resa media per ettaro ancora molto bassa a causa della scarsa specializzazione. Il “pericolo giallo”, come è stato definito durante il convegno, lamenta ancora punti deboli, in particolare un’elevata frammentazione varietale. Infatti, le varietà idonee ai mercati occidentali si limitano al 6% di Hayward, mentre oltre il 40% degli impianti riguarda la varietà Qinmei, le cui caratteristiche gustative non sono apprezzate dai consumatori europei. Esistono inoltre impianti coltivati ad Actinidia Chinensis che interessano il 25% degli ettari complessivi. Le strutture per la conservazione sono al momento limitate ad un terzo dell’offerta globale. Da tutto ciò emerge comunque che il peso dell’offerta cinese di kiwi aumenta di anno in anno e, analogamente a quanto è avvenuto per altri prodotti ortofrutticoli (mele), il miglioramento e la specializzazione di questa produzione potrà comportare mutamenti profondi del quadro competitivo a livello mondiale.
Un’interessante discussione ha riguardato la problematica degli standard qualitativi del kiwi. A tal proposito, un accordo è stato raggiunto per una miglior selezione del prodotto in base alla pezzatura ed alla forma dei frutti, mentre rimane ancora aperto il programma di sperimentazione di nuovi parametri atti a determinare il periodo di inizio raccolta per disporre poi di un prodotto dalle caratteristiche organolettiche ottimali.

Il kiwi e la salute umana

La conferenza ha ospitato anche il contributo del prof. Andrew Collins che ha presentato i risultati di una ricerca sui benefici derivanti dal consumo di kiwi in relazione alla riduzione dell’insorgenza di tumori. Sempre in tema di possibili benefici alla salute umana, sarà molto interessante valutare, nel corso della prossima riunione IKO, i risultati della ricerca che il prof. Asim Dutta-Roy dell’Università di Oslo sta conducendo sulla correlazione intercorrente fra assunzione di kiwi e riduzione dell’insorgenza di malattie cardiovascolari.
In termini di bilancio, dall’edizione 2001 dell’IKO è uscita una fotografia assai nitida del kiwi a livello mondiale: un comparto che attraverso il confronto e la collaborazione riesce a pianificare bene il proprio futuro. Anche altri importanti comparti ortofrutticoli dovrebbero prendere esempio dalla concretezza dell’IKO per avviare un dialogo internazionale che definisca una programmazione delle produzioni, una strategia comune di mercato, progetti di comunicazione per conquistare nuovi consumatori.

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