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Crisi Russia-Ucraina: ricadute su scambi e trasporto merci

Timori in tutta Europa per la logistica marittima, il nodo della fornitura di gas. Import ed export in pericolo

La situazione Russia-Ucraina appare sempre più tesa e sintetizzabile con le parole arrivate oggi dalla Casa Bianca: “Un attacco estremamente violento contro l’Ucraina è possibile nei prossimi giorni o nelle prossime ore”.

Il che, oltre ai risvolti drammatici, potrebbe apportare ulteriori elementi di incertezza circa il ruolo dell’Ucraina negli scambi agroalimentari con l’Unione europea in generale, e con l’Italia in particolare. Inoltre, in caso di conflitto, sono prevedibili ricadute negative anche sul trasporto delle merci, in particolare quello marittimo.
Non secondari i rapporti con la Russia.

Ismea: l’Italia è il secondo fornitore di prodotti agroalimentari

Secondo le elaborazioni di Ismea su dati Comtrade (data base Itc), le esportazioni agroalimentari dell’Ucraina verso l’Unione europea nel 2020 sono state pari a 5,4 miliardi: il mercato comunitario, con una quota del 28%, è una delle principali destinazioni delle derrate provenienti da Kiev.

L’Italia, con un fatturato di 496 milioni, si posiziona al decimo posto tra gli acquirenti e rappresenta solo il 3% dell’export agroalimentare ucraino, in flessione del 19% su base annua. Sul versante dell’import dell’Ucraina, invece, l’Italia è il secondo fornitore di prodotti agroalimentari, dopo la Polonia, con una quota del 7% pari a 415 milioni.

Che cosa acquista l’Italia dall’Ucraina?

Sempre secondo Ismea, l’Italia acquista dall’Ucraina soprattutto oli grezzi di girasole, frumento tenero e mais. Quanto a quest’ultimo, l’Ucraina è il secondo fornitore dopo l’Ungheria, con una quota di poco superiore al 20% sia in volume, sia in valore. Più marginale il ruolo dell’Ucraina per il frumento tenero, che si configura come sesto fornitore con una quota pari al 5% in volume e in valore dell’import totale nazionale.

Se non si restringe il campo al solo settore agroalimentare, il volume di affari tra Italia e Ucraina vale quattro miliardi. In particolare, l’Italia acquista prodotti metallurgici per quasi un miliardo e pertanto, in caso di conflitto, non mancherebbero ripercussioni significative anche sull’economia italiana. Va inoltre ricordato che sono diverse (175 secondo gli ultimi dati disponibili del 2017) le società italiane che operano in Ucraina: fanno capo soprattutto nei settori alimentare, tessile, legno, calzature, ceramica e finanziario.

Se Mosca chiude i rubinetti del gas

E poi c’è il rischio di un’ipotetica chiusura dei rubinetti del gas da Mosca verso l’Europa e l’Italia, la quale importa dalla Russia circa il 40% del proprio gas naturale. E’ chiaro che il blocco delle forniture avrebbe conseguenze pesanti per tutta l’economia europea. L’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) sottolinea che dalla metà del 2021 le forniture di gas russe verso l’Europa sono più basse rispetto alle attese (-25%, addirittura -40% a gennaio) e anche per questo il prezzo del gas naturale in Europa in un anno è quasi quintuplicato.

I timori per il trasporto marittimo

Aumentano le preoccupazioni anche sul fronte del trasporto e della logistica delle merci in Europa, tanto che la società di consulenza Risk Intelligence ha ipotizzato i possibili scenari.

Nel caso di conflitto diretto tra Russia e Ucraina, secondo la società, la Russia potrebbe impiegare la sua superiorità navale per controllare il traffico marittimo vicino alla Crimea e alla costa ucraina, compreso il blocco dello stretto di Kerch e dei principali porti ucraini. Inoltre i russi potrebbero attaccare la marina ucraina con missili antinave terrestri e attacchi aerei e navali. Anche le navi militari ucraine potrebbero ingaggiare quelle russe, creando danni collaterali ad aree portuali o navi civili. E poi c’è la possibilità di possibili assalti nei porti ucraini da parte di forze speciali russe per escluderne l’accesso al Mar Nero, il che causerebbe combattimenti terrestri vicino agli scali, ma anche che gli ucraini possano sabotare infrastrutture portuali russe o altri obiettivi marittimi, compreso il ponte sullo stretto di Kerch. Entrambe le parti, infine, potranno spiegare mine in mare, che potranno colpire navi non coinvolte non coinvolte nel conflitto.

Intanto, nelle ultime ore, è entrata in vigore una no-fly zone dichiarata dalla Russia sul Mar d’Azov, una sezione settentrionale del Mar Nero.

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