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La cipolla rossa di Breme va a ruba. E i produttori fanno le ronde

La “Dolcissima”, molto apprezzata dai buongustai, sembra essere oggetto di furti su commissione

Non parliamo dei meloni giapponesi Yubari venduti a peso d’oro, né del raro e costoso Tartufo bianco d’Alba, ma di cipolle rosse. Nello specifico, della cipolla rossa di Breme, la “Dolcissima” che, coltivata nel Pavese sulle rive del grande fiume Po, gode di un prestigio assoluto tra i buongustai.

Secondo quanto scrive Davide Maniaci nelle pagine del Corriere.it, i 16 produttori del celebre bulbo hanno dovuto organizzarsi in ronde per cercare di impedirne i furti: solo negli ultimi giorni il bottino sarebbe pari a due quintali di bulbi.

“I ladri — dice a Maniaci Francesco Berzero, sindaco di Breme e presidente dell’Associazione produttori cipolla rossa di Breme — non sono una novità, ma ora il fenomeno è preoccupante. La produzione della nostra cipolla è di nicchia. La raccolta avviene tra maggio e giugno, da 8 ettari di terreno si ottengono 100 tonnellate di bulbi. Per questo i danni provocati dai predoni sono devastanti. I produttori hanno comprato anche fototrappole mobili, piccole telecamere a batteria che ci aiutano nella sorveglianza”.

Per il sindaco si tratterebbe di furti su commissione: la cipolla di Breme costa 2,20 euro il chilo in loco, ma il prezzo sale al supermercato o nei negozi. E il mercato nero è fiorentissimo, così come la contraffazione: bulbi coltivati chissà dove e  spacciati per “Breme”.  Ma, se per eliminare la truffa delle finte cipolle di Breme non si può fare molto, le ronde al momento sembrano scoraggiare i contrabbandieri.

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