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“Pinoli: la produzione sta crollando, ma noi andiamo avanti”

pinoli sicilia

Giuseppe Garretta, titolare dell’azienda SicilPinoli, parla del calo dei quantitativi e annuncia anche novità

A Piazza Armerina (Enna) non ci sono solo i mosaici, che riportano direttamente il visitatore nelle atmosfere dell’Impero Romano di età tardoantica. C’è anche una ditta, la SicilPinoli di Giuseppe Garretta, che fin dalla sua fondazione, trent’anni fa, ha puntato tutto sul pinolo locale, quello siciliano, sempre ricercatissimo. Da anni, per cause molteplici e non del tutto chiarite, la produzione di questo frutto è in caduta libera. Ma SicilPinoli, che Giuseppe conduce assieme alla moglie Rosalba e ai figli Mario e Simona, è determinata a proseguire la propria attività e pensa anche ad alcune novità. Myfruit ha interpellato l’imprenditore che, nonostante tutto, sta proseguendo la sua attività contando unicamente sulle proprie forze.

giuseppe garretta sicilpinoli

Giuseppe Garretta, Sicilpinoli

Garretta, da più parti si dice che il pinolo italiano è in profonda crisi perché, sostanzialmente, manca prodotto. E’ vero?

Confermo. La situazione dal punto di vista produttivo è drammatica. Basti pensare che, fino a 7 – 8 anni fa, la resa per 100 chili di pigne era del 3,5%, mentre adesso è attorno all’1,8%, massimo 2%. C’è parecchio vuoto all’interno delle pigne, e questo problema non riguarda solo quelle italiane, ma anche le spagnole e le portoghesi.

A cosa è dovuto questo calo di produttività delle pigne?

Di preciso non lo sappiamo, anche perché in Turchia, per esempio, che produce comunque un buon pinolo sempre dalla Pinus Pinea, non c’è stato questo calo. Le cause che si possono ipotizzare sono molteplici, dalle piogge acide, al terreno che non ha più il vigore di un tempo; è difficile stabilire una causa precisa. Possiamo solo partire da un dato di fatto: oggi le cose stanno così e il fenomeno è difficilmente contrastabile, anche perché le nostre produzioni non sono private, ma appartengono a diversi enti, forestali, comunali, ecc. E’ vero anche che in Turchia, da quello che so, fanno anche alcuni trattamenti, magari con prodotti del tutto naturali, mentre qui non si fa nulla in questo senso. Per questo le nostre produzioni sono anche biologiche al 100%.

Ci sono altri problemi legati ai pinoli?

Le cimici. Qualche anno fa è arrivata una cimice dal Nord America, con un carico di legname, che ha iniziato a fare diversi danni, puntando direttamente la pigna. Un’altra cimice faceva inoltre seccare le punte degli alberi. A tutto ciò si è aggiunto il calo della resa cui accennavo prima.

Qual è oggi la produzione italiana di pinoli?

L’ultima produzione soddisfacente risale a una decina di anni fa. In poco tempo, in Italia siamo passati da 880-900mila quintali di pigne agli attuali 80-90mila quintali, sempre di pigne. In altri termini, in una sola decade la produzione è crollata di quasi il 90%.

I prezzi sono soddisfacenti?

Sono alti, ma non soddisfacenti, perché spesso non coprono praticamente nemmeno le spese. Si arriva infatti anche a 66 – 67 euro il chilo all’ingrosso, che al dettaglio significa oltre 100 euro il chilo. Ma, appunto, non sono sufficienti per tutta la lavorazione che c’è dietro.

Cosa fa un produttore di pinoli come lei in una situazione del genere?

Va avanti e spera che la natura gli dia una mano. Ormai in Italia siamo rimasti pochissimi a lavorare solo pinoli, saremo tre o quattro aziende in tutto. Noi, peraltro, lavoriamo esclusivamente prodotto locale, non importiamo nulla e non riceviamo nemmeno contributi pubblici. Del resto, siamo pochi e abbiamo poca forza per farci sentire, anche se alla fine sono in tanti a mangiare i pinoli.

Che differenza c’è tra un pinolo mediterraneo di Pinus pinea e un prodotto cinese o pakistano?

E’ tutta un’altra cosa. Purtroppo, oggi assistiamo a una vera e propria invasione di pinoli pakistani, cinesi o russi. Dal punto di vista della qualità i nostri pinoli non temono paragoni e la differenza si avverte già all’olfatto: il nostro pinolo profuma di resina, quello pakistano è pressoché sgradevole se viene annusato, poi risulta decisamente più scuro e più lungo. I pinoli cinesi assomigliano a dei fagiolini, quelli russi sono bianchi ma quasi insapore. Insomma, le differenze sono evidenti, tanto che coloro che ricercano prodotti di nicchia, puntano su di noi.

Avete novità in programma?

Stiamo pensando di introdurre una crema spalmabile di pinoli, allargando quindi l’offerta delle nostre referenze. Abbiamo infatti un laboratorio dove facciamo già diverse lavorazioni, tra cui una pasta 100% pinoli.

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