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Ciliegie: coperture fondamentali per salvare una stagione

Roberto Redorici: “Sono necessarie e lo hanno dimostrato anche in questa difficile annata. Ma ci vorrebbe un riconoscimento dal mercato”

Se qualcuno avesse ancora dubbi sulla necessità o meno delle coperture per produrre ciliegie, può chiedere a Roberto Redorici da Vignola (Modena). Lui è infatti uno storico produttore cerasicolo (già “Migliore Ciliegia d’Italia 2019”), che sui suoi 12 ettari di terreno si è convertito ormai da trent’anni alla monocoltura e, più di dieci anni fa, è stato uno dei pionieri nella installazione di sistemi di protezione. I quali si sono rivelati particolarmente utili proprio quest’anno, quando il maltempo ha falcidiato un’ampia percentuale di frutta rossa (solo ieri Walter Monari, direttore del Consorzio Ciliegia di Vignola Igp, parlava di perdite complessive almeno tra il 60 e il 70%).

“Ritengo – commenta Redorici – che un sistema di copertura sia essenziale per produrre ciliegie, altrimenti si rischia di non portare a casa nulla. Lo abbiamo visto proprio quest’anno, quando il maltempo ha messo in difficoltà anche chi, come me, ha il 95% della produzione coperta. Quando piove in modo eccessivo, infatti, i fossi non riescono a smaltire l’acqua e questa viene assorbita dall’apparato radicale e fogliare della pianta, che poi trasferisce questo quantitativo sovrabbondante sui frutti. Con il risultato che crepano e si danneggiano. Anche chi, come me, ha coperto – prosegue Redorici – ha quindi subito danni, specialmente con le varietà precoci. Tuttavia, rispetto allo scorso anno, abbiamo raccolto solo il 30 per cento in meno. Chi non ha coperto, ha avuto conseguenze ben peggiori”. “Tra l’altro – prosegue – questa percentuale è frutto di due componenti: prima le gelate tardive primaverili, che qualcosa hanno tolto, e appunto le precipitazioni straordinarie delle scorse settimane”.

Ma c’è di più: chi copre, potrebbe avere anche meno problemi con la Drosophila Suzukii, l’insetto che negli ultimi anni è un vero e proprio incubo per i cerasicoltori. “La Drosophila – continua Redorici – quest’anno ha avuto si è attestata su livelli normali. Probabile che abbia inciso anche il fatto di avere meno prodotto e, quindi, che la raccolta sia avvenuta più velocemente rispetto al solito. Ma ho anche notato che, sotto le coperture, c’è anche una presenza minore di questo insetto”.

Dunque, installando le coperture poi questo investimento impegnativo si recupera in fretta? “Non mi sono mai avventurato in questi calcoli – spiega Redorici – ma so che non c’è un’alternativa. Perché coprendo si può appunto salvare una stagione. Ciò a cui piuttosto bisognerebbe mirare, è a un maggiore riconoscimento, da parte del mercato, per chi fa questo tipo di investimenti. Ad esempio, anche solo 30 centesimi in più il chilo sarebbero utili al produttore per sostenere le spese di manodopera per l’apertura e la chiusura dei teli. Ma, questo, ancora non succede”.

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