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28 aprile 2025

Varietà antiche: la scommessa (vinta) del biondo di Caulonia

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È un’arancia tardiva, dalla forma ovale e dal colore giallo-arancio chiaro, con la buccia sottile e la polpa dolce: si tratta del biondo di Caulonia o di spina, varietà storica della Locride, in Calabria, molto conosciuta in passato, ma in tempi più recenti surclassata da varietà considerate più redditizie.

Ha rischiato l’estinzione, ma oggi è in atto un processo di recupero e promozione di cui è protagonista l'imprenditrice Ilaria Campisi, titolare dell'omonima azienda agricola di Focà di CauloniaE' stata lei a scommettere sul biondo di Caulonia quando nessun altro sembrava crederci più, sono state sue l’intuizione e la perseveranza che hanno permesso a questo frutto antico di tornare sotto i riflettori. 

Come racconta Mariarita Sciarrone, in una lunga intervista su Avvenire di Calabria, è stata proprio lei infatti a scegliere, in fase di ammodernamento aziendale, di preservare quel vecchio agrumeto di biondo di Caulonia decidendo, contro ogni parere, di custodire l’antica varietà ancora presente nei propri agrumeti e investire su di essa. 

Una scommessa che puntava a preservare l’identità, la bellezza, la biodiversità del territorio. Una scelta etica e di cuore prima ancora che economica. Una decisione rafforzata e confermata, qualche anno dopo, dal ritrovamento in soffitta di un taccuino di un prozio che ne annotava, un secolo prima, la messa a dimora di quegli alberi. Un motivo in più per dedicarsi alla valorizzazione del prodotto che, da parte passiva dell’azienda, si è trasformato nel tempo in un prodotto di punta che viene coltivato in regime biologico. 

Nel 2015, insieme a altri imprenditori e estimatori, Ilaria Campisi ha anche fondato la Comunità di salvaguardia del biondo di Caulonia e di altri agrumi antichi con l’obiettivo di portare avanti iniziative di tutela e promozione.  Il suo impegno le è valso il premio Economia del futuro, promosso dal Polo del gusto. Nel marzo scorso, Forbes l’ha inserita fra le 100 eccellenze italiane. 

Come spiega ancora Avvenire di Calabria, fino a metà degli anni ’70, la zona era rinomata proprio per la produzione di agrumi, frutti apprezzati grazie al microclima e alle caratteristiche del terreno dove crescevano. Con l’arrivo da altri Paesi di varietà apprezzate dal mercato, la produzione ha iniziato a calare fin quasi a scomparire. 

Per Campisi, la buccia sottile e la presenza dei noccioli sono stati tra gli elementi che hanno influito di più sul calo dei consumi. Ma la maturazione tardiva, da metà marzo a fine maggio, le qualità organolettiche, le dimensioni che aggirano intorno ai 150-180 grammi e la dolcezza oggi possono renderlo un frutto interessante per i nuovi consumatori, attenti alla biodiversità, alla scelta del prodotto locale, a una alimentazione sana e etica. 

La produzione attuale si aggira intorno a 530.000 frutti prodotti. Fuori dalle logiche de grandi numeri, si tratta tuttavia di un prodotto che rappresenta il proprio territorio e che si inserisce un’idea di agricoltura non soltanto rispettosa del proprio areale, ma promotrice del suo sistema storico, culturale e sociale.


Fonte: Avvenire di Calabria

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