19 febbraio 2024

Crisi Mar Rosso, per l’Italia in gioco oltre 6 miliardi

104

Tra la fine del 2023 e gennaio 2024 sono crollati i transiti attraverso il Canale di Suez e per raggiungere i porti asiatici di destinazione si tende a circumnavigare il Sud Africa, con un incremento dei costi di trasporto stimato nell’ordine del 40% e con un allungamento dei tempi di percorrenza in sette-dieci giorni.

A riassumere la situazione è lo studio di Ismea intitolato “Gli scambi agroalimentari italiani con l’Asia e la crisi del Canale di Suez”, volto a fare il punto sulla complicata situazione logistica che si è venuta a creare con la guerra in Medio Oriente e di cui myfruit.it ha già più volte riferito.

“Attraverso il Canale di Suez transita gran parte del commercio europeo destinato all’Asia e viceversa e l’attuale situazione sta portando molte compagnie di trasporto a modificare le rotte per raggiungere le proprie destinazioni commerciali, causando l’incremento dei costi e dei tempi di trasporto per l’utilizzo di tratte alternative sensibilmente più lunghe rispetto al passaggio sul Mar Rosso – premette Ismea – Una situazione che mette a rischio oltre sei miliardi, il che significa il 10% circa dell’export agroalimentare made in Italy. A tanto ammonta il valore delle esportazioni italiane verso i mercati asiatici che in dieci anni ha messo a segno una crescita del 128 per cento”.

Tra i prodotti a maggior rischio polpa di pomodoro, mele e kiwi

L’Italia si trova in quinta posizione nella classifica dei principali paesi esportatori di prodotti agricoli e alimentari verso l’Asia, dopo Paesi Bassi, Francia, Spagna e Germania. Uno scenario, questo, che si inserisce in un flusso di scambi in rapida evoluzione, che ha visto le importazioni di prodotti agroalimentari da parte dell’Asia assumere un peso crescente sull’intero commercio mondiale, con la quota passata in un decennio dal 30,4% del 2013 al 35,7% del 2022.

Tra i principali prodotti esportati dall’Italia verso l’Asia ci sono anche referenze ortofrutticole trasformate e fresche. In particolare spiccano il pomodoro trasformato (230 milioni di euro, con il 9,4% di quota), le mele (181 milioni di euro; 21% dell’export complessivo) e i kiwi (60 milioni di euro; 12% del totale).

Per questi prodotti l’Italia si colloca al primo posto in ambito Ue come fornitore dei paesi asiatici. 

Preoccupano i freschi

I mercati asiatici rappresentano dunque un interessante sbocco commerciale per l’Italia e pertanto le problematiche relative all’attraversamento del canale di Suez destano preoccupazione.

“Maggiore attenzione è rivolta soprattutto al commercio internazionale dei prodotti nazionali tradizionalmente export oriented, e soprattutto dei prodotti freschi, come la frutta, altamente deperibili e quindi soggetti a rapido scadimento qualitativo, rendendoli particolarmente vulnerabili all’allungamento dei tempi di percorrenza delle tratte commerciali alternative – scrive Ismea – In questo contesto emerge un rischio di perdita di competitività delle produzioni nazionali sia sui mercati asiatici per l’atteso incremento dei prezzi di vendita connesso ai maggiori costi del trasporto, sia sul mercato comunitario per la necessità di ri-allocare almeno in parte i prodotti normalmente destinati all’Asia, con possibile riduzione dei prezzi”.

“La crisi geopolitica – prosegue lo studio – si innesta in scenari già problematici per il commercio internazionale di alcuni prodotti agroalimentari. Ad esempio, nel caso delle mele, si osserva da alcuni mesi una riduzione consistente delle importazioni dell’Egitto (terzo importatore mondiale con una quota del 5%) a causa della svalutazione della moneta locale; per l’Italia, infatti, la riduzione dei volumi esportati verso questo paese è stata del 70% nei primi dieci mesi del 2023. Inoltre, è da considerare che la Polonia, primo fornitore di mele dell’Egitto, dovendo rinunciare a questo importante mercato di sbocco, tenderà ad indirizzare gran parte del prodotto che non riesce a spedire in Egitto e nei paesi asiatici sui nostri mercati di riferimento, soprattutto in Germania, principale paese acquirente del prodotto italiano”.

“Da evidenziare – conclude – che il commercio agroalimentare risulta esposto alla crisi non solo nelle esportazioni ma anche nelle importazioni di materie prime e semilavorati, la cui potenziale contrazione potrebbe generare un rallentamento della produzione dell’industria alimentare nazionale, incidendo sulle catene globali del valore”.

Potrebbe interessarti anche