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Logistica e Trasporti

Cargo bloccato nel Canale di Suez, commercio mondiale in tilt

Si perdono 9,6 miliardi di dollari al giorno e aumentano i costi di noli e carburanti. Il dilemma degli armatori: attendere o partire?

Era martedì 23 marzo quando, nel pieno di una tempesta di sabbia, la Ever Given, una portacontainer lunga 400 metri e larga circa 60, si è incagliata nel Canale di Suez, ostruendolo del tutto. Un incidente raro quello causato dal cargo da 20mila teu (twenty-foot equivalent unit, la misura standard di volume nel trasporto dei container Iso), partito dalla Cina e diretto a Rotterdam: nei sui 150 anni di attività, il Canale è stato chiuso solo cinque volte, due delle quali per motivi politici.

Lavori in corso, ma occorre tempo

(immagini RaiNews)

Fin da subito è stata evidente la complessità delle operazioni di soccorso tanto che sul posto, oltre a due battelli-draga, quattro scavatrici e nove rimorchiatori, è arrivato anche un team di Smit Salvage, la società olandese che rimosse il relitto della Costa Concordia naufragata all’Isola del Giglio nel 2012. Ma quali sono i danni per il commercio mondiale in generale, e per il settore ortofrutticolo in particolare? Impossibile, al momento, fare stime per settore merceologico; ma alcuni numeri suggeriscono quanto sia grave la situazione. Anche perché, a quanto pare, per la riapertura del Canale ci vorrà tempo: c’è chi parla di settimane.

Attendere o partire?

Al momento, secondo l’Ansa, sono circa 280 le navi ferme, le quali sono di fronte a un dilemma non da poco: aspettare la riapertura, oppure circumnavigare l’Africa? Per chi opterà per la seconda strada, significa aggiungere una settimana di viaggio. Per chi opterà per l’attesa, significa fare i conti con tempi al momento indeterminati. 

Danni da capogiro, anche per l’Italia

Per comprendere la portata del disagio causato dalla portacontainer di proprietà dell’armatore giapponese Shoei Kisen Kaisha, basti pensare che nel Canale di Suez transitano, ogni giorno, circa 50 navi, il che significa il 30% dei container in movimento – nel 2020 lo hanno attraversato 19mila navi – il che equivale a circa il 12% del commercio mondiale. Per l’Italia si tratta di circa il 40% dell’import-export marittimo, ossia 82,8 miliardi di euro (fonte centro studi Intesa Sanpaolo).

Secondo quanto rilasciato dall’agenzia di stampa internazionale Bloomberg, si stimano danni per circa 9,6 miliardi di dollari al giorno. Ma sono cifre ipotetiche: quando si tratterà di quantificare, occorrerà considerare danni di diversa natura, ossia il fermo delle navi, il mancato arrivo delle merci, l’ingolfamento dei porti. A questi danni si sommano le perdite da mancato incasso dei pedaggi per l’Autorità del Canale, stimati in circa 30 milioni di dollari al giorno. Inoltre si va ad aggravare un’altra situazione, quella della mancanza di container. 

Dunque è ancora presto per fare i conti, ma nel frattempo si iniziano a registrare le prime conseguenze concrete causate dall’incidente: stanno aumentando i costi dei noli marittimi – già alle stelle – e cresce il prezzo dei carburanti. Il greggio, in meno di una settimana, ha avuto un’impennata del 6 per cento.

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