Salute e benessere

04 ottobre 2025

Salute e alimentazione, qualcosa si muove

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Con la recente approvazione in Senato, il Ddl Obesità è diventato legge: l’Italia dunque la riconosce formalmente come una vera e propria malattia progressiva e recidivante. A partire da ciò, saranno avviate una serie di iniziative di sensibilizzazione e di formazione, che coinvolgeranno anche il personale sanitario, la creazione di un osservatorio per lo studio dell'obesità e l’inserimento delle cure fra quelle a carico al Sistema sanitario nazionale. Al programma per la prevenzione e la cura saranno destinati 700mila euro nel solo 2025, 800mila nel 2026 e di 1,2 milioni l’anno a partire dal 2027.

L’Italia fa dunque un passo in avanti nel riconoscimento del legame fondamentale fra alimentazione e salute. Una consapevolezza necessaria per affrontare quello che è un problema sempre più esteso a livello mondiale, anche fra i più piccoli. 

I dati diffusi dall’Unicef evidenziano che un bambino su cinque, di età compresa tra i cinque e i 19 anni, è in sovrappeso e uno su dieci è addirittura obeso. Per la prima volta, il forte sovrappeso supera il sottopeso e diventa la forma più diffusa di malnutrizione tra bambini e adolescenti con conseguenze sia sulla loro salute complessiva che sulla socialità e l’autostima. L’obesità infantile o in adolescenza tende inoltre a permanere anche in età adulta, con un conseguente impatto negativo sul sistema sanitario. 

Un problema comune 

L’Europa e i diversi stati membri stanno cercando di affrontare il problema, ma bisogna riflettere sull’efficacia delle soluzioni messe in campo. In Germania, come riporta Fruchthandel, secondo i calcoli dell’Università di Amburgo, i costi sociali complessivi dell’obesità ammontano a circa 63miliardi di euro all’anno. Tra le cause dell'obesità messe in rilievo, la costante disponibilità di alimenti industriali con alto contenuto di zuccheri, sale, grassi e additivi il cui consumo è spesso preferito a quello di frutta e verdura. 

Nel suo editoriale, Michael Schotten, riprendendo le affermazioni del delegato generale di Freshfel Philippe Binard, sottolinea come il nuovo slogan europeo Buy european food (Compra cibo europeo) possa risultare poco incisivo: i prodotti ortofrutticoli freschi, spesso venduti senza marchio, possono non essere presi in considerazione. 

A ciò si aggiunge il fatto che i budget pubblicitari del settore dei prodotti freschi sono molto inferiori a quelli dell’industria alimentare. La commercializzazione di frutta e verdura inoltre è regolamentata in modo rigoroso: un sistema che garantisce alti standard di qualità, ma rende più difficile la vita delle imprese, soprattutto se, come sottolinea Schotten, non si applicano parametri altrettanto rigorosi ad altri prodotti che venduti e promossi come salutari. 

Regno Unito, Tesco estende il programma Fruit & veg for schools

Se tutto ruota intorno alle abitudini alimentari, è da queste che bisogna partire. Fin dai primi anni di vita del bambino e dalle ore trascorse a scuola. In quest’ambito, l’aiuto e le iniziative dei privati possono diventare importanti per cercare di incidere sullo stile alimentare del bambino di oggi e dell’adulto di domani. 

Ne è un esempio Tesco: nel Regno Unito, la catena di supermercati ha annunciato il proseguo del suo programma Fruit & veg for schools (Frutta e verdura per le scuole), lanciato nel settembre del 2024 e sviluppato in collaborazione con la British nutrition foundation. 

Tesco ha ora deciso di fornire, per l’intero anno scolastico 2025/2026, frutta e verdura gratuite ai bambini di 500 scuole, con particolare attenzione alle aree in cui la percentuale di alunni che ricevono pasti scolastici gratuiti è superiore al 50%: una scelta nata dai dati che dimostrano come le famiglie a basso reddito siano spesso quelle con maggiori difficoltà nel seguire un'alimentazione sana.  

Le scuole che partecipano al programma potranno acquistare la frutta e la verdura di cui hanno bisogno nei negozi più vicini. Nel primo anno, i frutti più popolari sono stati, nell’ordine: mele, banane, arance, uva e fragole. Per coloro che partecipano al programma, Tesco ipotizza un aumento del 23% del consumo complessivo di frutta e verdura.

 

Un progetto nelle mense anche in Italia 

Un progetto sui pasti forniti ai bambini nelle mense è stato avviato anche in Italia con l’obiettivo di migliorare le abitudini alimentari e fornire pasti equilibrati evitando però anche gli sprechi. Si chiama MenSana ed è coordinato dall'Istituto universitario di Studi superiori di Pavia insieme alla cooperativa La Rosa dei Venti e alla società benefit PlanEat. 

Come spiega il Corriere.it, in media, nel nostro Paese, circa il 15–30% del cibo servito nelle mense scolastiche viene sprecato: si vai dai 33 ai 160 grammi a studente per ogni pasto. A questo si aggiunge, una percentuale di circa il 15% di cibo che, per vari motivi, passa direttamente dalla cucina alla spazzatura. 

Il Corriere.it, spiega che il progetto è stato testato, per tre mesi, nella mensa scolastica di una scuola primaria e dell’infanzia di Borgarello, in provincia di Pavia. Le ricadute sono state positive anche per il consumo complessivo di verdura che era risultata la categoria di cibo più sprecata. 

Grazie all’apposita piattaforma PlanEat Scuola, i bambini e le famiglie hanno potuto scegliere ogni giorno tra due menù alternativi, ma uguali dal punto di vista nutrizionale. Il sistema dava la possibilità di selezionare anche la quantità attraverso la preferenza tra assaggio o mezza porzione, permettendo dunque di richiedere porzioni ridotte per cibi verso cui si aveva minore interesse. 

A permettere la riduzione dello spreco di verdure è stata proprio la porzione assaggio, usata dagli studenti per proposte come insalata verde, erbette e carote al vapore. Un modo per avvicinarsi a questi cibi e inserirli nella propria dieta, anche se in quantità ridotta. Un passo di graduale avvicinamento.

L’elemento chiave risiedeva nella possibilità di personalizzazione e nel maggiore coinvolgimento dello studente nella scelta consapevole della propria alimentazione. I risultati sono stati incoraggianti: il cibo sprecato è stato dimezzato e anche la produzione totale è stata ridotta di circa il 20% con un vantaggio in termini di consumo di materie prime e energia. 

"Si tratta di cucinare ciò che serve davvero, garantendo sempre il diritto al pasto, ma evitando di produrre ciò che inevitabilmente finirebbe nei rifiuti”, spiega al Corriere.it Nicola Lamberti, ceo e founder di PlanEat, che si rivolge anche alle istituzioni affinché “nei bandi di gara della ristorazione collettiva scolastica si consenta di produrre anche meno della porzione standard, se la richiesta dell'utente è leggermente inferiore”.

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