Reparto ortofrutta

14 luglio 2025

Il ricatto della Gdo all’ortofrutta

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Ristorni e margini di guadagno ridotti all’osso se non, in molti casi, in perdita e una serie di pratiche che in alcuni casi potrebbero anche rientrare tra quelle da “lista nera”, vietate per legge. Nell’inchiesta appena pubblicata dall’Internazionale dal titolo “Il ricatto dei supermercati all’agricoltura italiana” l’ortofrutta e la Gdo tornano nuovamente protagoniste, e non certo in termini positivi. 

Dopo le aste al doppio ribasso, nuova inchiesta sulla Gdo

Non è la prima volta che il settimanale si occupa di agricoltura e dei distorti rapporti tra il mondo ortofrutticolo e la grande distribuzione organizzata. Già nel 2018, sempre ad opera del giornalista Stefano Liberti, un’approfondita a documentata inchiesta aveva riguardato le famigerate aste al doppio ribasso, che anche in questo caso vengono nuovamente citate e che, da allora, dovrebbero essere vietate e punite.

Questa volta l’autore ha intervistato molti produttori, sia agricoltori diretti che esponenti di cooperative e Organizzazioni di produttori (Op), tutti dell’area romagnola, spesso produttori di pesche e albicocche, ma anche di ortaggi, e tutti che hanno un rapporto di fornitura importante, in termini quantitativi e qualitativi per il fatturato aziendale complessivo, con la Gdo.

Il ristorno, “un margine di guadagno occulto”

Sul banco degli imputati viene messa principalmente la pratica del ristorno, ovvero, come viene spiegato nell’articolo “una quota del fatturato che i fornitori agricoli devono restituire alla fine di ogni anno alle insegne della Grande distribuzione organizzata (Gdo). Ufficialmente viene giustificato come contributo per volantini, pubblicità, supporto alla logistica o all’apertura di nuovi punti di vendita. Ma per chi lavora nel settore, il significato è un altro, molto più crudo". 

Come dice un produttore: “Quel dieci per cento è il tributo da pagare per lavorare con loro. Per avere spazio sugli scaffali. Se non lo accetti, resti fuori”.

Sotto accusa viene messo messo in generale un modello di contrattazione con la grande distribuzione, che non solo non tiene conto della risicata marginalità dell’anello più debole della catena, ovvero chi produce frutta e verdura, ma anche della specificità di una merce stagionale fresca, che è alla mercé di moltissime variabili, a partire da quelle climatiche. L’imposizione di precisi calibri, indipendentemente dalla qualità intrinseca del prodotto finale, di vaschette e imballaggi di determinati produttori, nonché la spada di Damocle del prezzo al ribasso di competitor spagnoli o greci, che all’ultimo offrono prezzi più bassi, strozzando i produttori nostrani, sono poi tutti altri fattori che nell’inchiesta vengono messi sul piatto dai produttori intervistati.

Mario Gasbarrino (Decò Italia): “Ortofrutta, mondo alla rovescia”

Tutti i produttori rimangono rigorosamente nell’anonimato nell'articolo.“Non è solo paura: è una questione di sopravvivenza. In un sistema dove una semplice email può far perdere un contratto, sollevare troppo la testa equivale a sparire dai giochi” scrive Liberti nell’articolo. 

L’unico che di fatto nell’inchiesta ci mette la faccia è Mario Gasbarrino, da più di quattro anni amministratore delegato di Decò Italia, insegna che opera nel Sud Italia e che fa parte del Gruppo VéGé, con una lunga esperienza alle spalle all’interno di altre organizzazioni della moderna distribuzione. Ammette che i ristorni sono sempre esistiti, ma che stanno diminuendo in quasi tutte le tipologie di merci, tranne che paradossalmente nell’ortofrutta

“L’ortofrutta è il settore più critico. È un mondo alla rovescia – afferma Gasbarrino nell’articolo – Si pianificano promozioni con due mesi di anticipo, quando ancora non sai se ci sarà la merce. È assurdo. Il fresco, per sua natura, non dovrebbe seguire delle logiche promozionali”.

Tra i tanti temi che l’inchiesta solleva, uno da sempre dei più discussi ed evocati in quasi tutti i convegni del settore, è quello della frammentazione del settore ortofrutticolo, certamente tra le cause principali del rapporto impari tra produttori ortofrutticoli e Gdo. 

“La disparità sta nei numeri. I produttori che vendono ortofrutta alla Gdo sono 7mila. Le insegne della distribuzione sono 25” afferma un produttore. Problema che, però, esiste anche nella Gdo, come ricorda sempre Gasbarrino, secondo il quale almeno 3mila punti di vendita delle varie insegne presenti in Italia oggi dovrebbero chiudere perché non più necessari.

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