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Report caporalato: “Più casi in agricoltura e al nord”

Caporalato

La ministra Bellanova e il segretario della Cgil Landini puntano il dito contro le aste a doppio ribasso e il sottocosto

Ci sono 180mila  lavoratori  vulnerabili e, quindi, probabili prede del caporalato. Ci sono le imprese, come sottolinea la ministra delle Politiche agricole, Teresa Bellanova, che senza sostenibilità economica fanno fatica ad assicurare quella sociale e ambientale. Ma c’è pure il sottocosto che viene pagato dai produttori e dai lavoratori. Sono diversi i fenomeni, come le aste a doppio ribasso, che si leggono nel V Rapporto Agromafie e caporalato dell’Osservatorio Placido Rizzotto/Flai Cgil. Un documento che parla di una filiera con troppi perdenti.

La ministra Bellanova: il sottocosto lo pagano lavoratori e imprese

Nella presentazione on-line con al centro Giovanni Mininni, segretario generale Flai Cgil, è intervenuta anche la ministra Teresa Bellanova che ha messo in luce la necessità di valorizzare la resistenza delle aziende agricole: “Senza sostenibilità economica le aziende non riescono  a mettere in pratica la sostenibilità ecologica e sociale“. Ovvero “non fanno i contratti o abbandonano le campagne, manca una distribuzione equa del valore. Io punto sui contratti di filiera con la presenza dello Stato e della distribuzione”. E su quest’ultimo fronte ha spiegato: “Le vendite sottocosto, quando sono ripetute, sono pagate da lavoratori, lavoratrici  e  imprese, il prezzo si scarica sull’anello più debole  e per questo che ho invitato la Gdo al tavolo”.  Serve una rete legale  dove trovare i lavoratori e questi devono sapere dove trovare le aziende ripete la ministra.  “Si sente spesso dire: se non hai niente da fare, vai a lavorare in agricoltura, ma questa è una concezione vecchia perché lavorare la terra significa competenze ed esperienze. E se il servizio non lo svolge lo Stato, lo sostituisce  il caporale che entra nella vita delle nostre comunità”.

I limiti della legge e più procedimenti al nord

Il rapporto ha evidenziato le dinamiche della normativa, la legge 199/2016 contro il caporalato, attraverso uno studio  dove sono stati analizzati 260 procedimenti penali dedicati a tutti i settori. I risultati? Lo sfruttamento non si concentra solo al sud. Lo dicono i numeri: 143 sono al di fuori dei confini meridionali. In testa per numero di procedimenti  abbiamo il Veneto e la Lombardia, nello specifico le procure di Mantova e Brescia. Seguono per intensità di lavoro le procure dell’Emilia-Romagna e quelle del Lazio, Latina al primo posto. Non manca la Toscana con Prato. L’agricoltura è il settore più rappresentato con 163 procedimenti. 

La paga giusta? Sono 12 euro l’ora

L’indice di non sfruttamento ha un riferimento numerico: 12 euro l’ora ovvero il salario minimo per soddisfare il giusto reddito sia del datore di lavoro sia dei dipendenti. Il rapporto scende nello specifico e sottolinea come questa somma sia destinata alle attività di raccolta e non alle mansioni più professionalizzate. Nella presentazione è emerso che  aumentano i casi riscontrati ma diminuiscono le attività dell’ispettorato del lavoro. Il sociologo  Francesco Carchedi ha messo in luce questa dinamica negativa  e definito due figure di caporale con il caposquadra che condivide i salari molto bassi e quella e vera e propria del caporale che tende ad abbassare i salari al minimo. Ci sono delle retribuzioni molto basse, mediamente siamo sui 700/800 euro e pochissimi superano i 1.000 euro. Sempre più ci sono contratti formalmente  ineccepibili, ma ci sono espedienti come il fatto che vengono pagate 10 giornate e non le altre del mese.

Landini per il collocamento pubblico e chiede norme su aste e sottocosto

La proposta riporta al ‘900. Lo sa bene Maurizio Landini, segretario generale Cgil, che avverte: “Non bisogna avere paura delle parole”.  In questo il caso  il termine è “collocamento pubblico“, una struttura abbandonata da 30 anni ma Landini insiste e parla di investimenti in questo senso e direzione. “La competizione non è sulla riduzione dei costi, serve un diverso modello di impresa, ragionare su tutta la filiera anche con la Gdo – sottolinea il segretario della Cgil – Pensiamo a  interventi legislativi  contro aste a doppio ribasso,  contro il sottocosto e  far diventare un marchio offrire  una certa qualità del  lavoro”.

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