Il nuovo decreto legge, approvato la settimana scorsa dal consiglio dei ministri, oltre a ridimensionare il potere delle Regioni nella scelta di dove e come installare impianti fotovoltaici ed eolici, stabilisce con chiarezza che gli impianti agrivoltaici sono sempre permessi nelle aree agricole, purché “realizzati con moduli sollevati da terra e integrati con pratiche di agricoltura digitale e di precisione”.
Si tratta di una scelta che ribadisce la volontà di coniugare produzione energetica e continuità delle attività colturali, senza compromettere la vocazione agricola dei suoli. Questo è il senso della nuova norma.
Cos’è un impianto agrivoltaico?
La normativa introduce la categoria di “impianto agrivoltaico”, ossia spiega con termini chiari cosa si intende per questo strumento di produzione di energia elettrica dal sole. In estrema sintesi si tratta di un impianto fotovoltaico progettato per preservare le attività agricole. Per garantire questa continuità, possono essere adottate soluzioni come la rotazione dei moduli collocati in posizione elevata.
Questa scelta permette alle aziende agricole di avere entrate anche dalla produzione di energia e abbattere i costi energetici. Inoltre possono proteggere dalle gelate o dalle scottature, dal troppo freddo e dal troppo caldo o dalla troppa pioggia. In altre parole la mitigazione dei danni provocati dal cambiamento climatico.
Aree agricole considerate idonee
Le aree agricole possono essere qualificate come idonee, sempre che non vi siano vicini dei Siti Unesco o altre emergenze naturalistiche e culturali, se si trovano in prossimità di specifiche infrastrutture. Per il fotovoltaico, sono considerate idonee le aree racchiuse entro un perimetro di 350 metri da stabilimenti e impianti industriali non agricoli sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale (AIA). Per il biometano, invece, la distanza massima è di 500 metri da zone industriali, artigianali e commerciali, compresi i siti di interesse nazionale, o da stabilimenti e impianti industriali sottoposti ad AIA. Ma anche i primi 300 metri che confinano con le arterie autostradali.
Le limitazioni inoltre non si applicano ai progetti destinati alla costituzione di comunità energetiche rinnovabili, né a quelli finanziati dal Pnrr e dal Piano nazionale per gli investimenti complementari (PNC), o comunque necessari al conseguimento degli obiettivi del Pnrr..
Il ruolo delle Regioni
Tutto libero? Non proprio. Le Regioni e le Province autonome, nel definire ulteriori aree idonee, devono rispettare criteri stringenti. È prevista la tutela delle aree agricole di pregio, del patrimonio culturale e paesaggistico, della qualità dell’aria e delle foreste.
Insomma con questo decreto è più chiaro e meno complicata la politica di sostegno all'unione tra la produzione agricola e quella energetica. Ma visto il fiorire di comitati anche contro l’agrivoltaico sicuramente continueranno le proteste e le contestazioni a livello locale. E le associazioni agricole? Non c'è un pensiero unico. C'è chi chiede meno burocrazia per dare energia economica alle aziende e chi non è convinto della soluzione perché pensa che la produzione energetica prenda il sopravvento per quella agricola. Seppure gli impianti agrivoltaici siano autorizzati solo con una relazione agronomica che va valutata periodicamente.