Si è rotto il patto ultradecennale tra aziende agricole e politica mediato dalle associazioni di categoria. A livello nazionale è nota, chiara ed evidente la concordanza tra Coldiretti e il governo di centro destra. Nei territori, invece, le associazioni hanno traiettorie differenti.
In Puglia, per esempio, si è incrinato il rapporto con gli enti datoriali e sono nati gruppi autonomi in aspra contrapposizione con i sindacati storici degli imprenditori agricoli. Movimenti ben noti negli ultimi anni per le proteste anche vigorose. La Puglia ha il maggior numero di imprese agricole. Ma le leader per produzione e valore aggiunto sono Lombardia ed Emilia Romagna. Troppa frammentazione, poca aggregazione e molte aziende pugliesi stentano.
Il nuovo partito della terra
L'iniziativa parte dagli imprenditori agricoli delle province di Lecce, Brindisi e Taranto che in una nota hanno annunciato la nascita di una lista civica che parteciperà alle elezioni regionali di novembre.
La missione? "Un fronte unitario che intende dare voce a chi produce, affrontando le emergenze climatiche, la Xylella e le nuove sfide per il futuro della Puglia. Il Movimento spontaneo agricoltori e il Comitato olivicoltori salentini collaborano per individuare il candidato presidente".
Perché scendere in politica?
Scendere in campo (letteralmente e no) non è semplice, richiede tempo, soldi e mobilitazione. Chi glielo fa fare? Nella nota stampa elencano le cause: "Difficoltà strutturali e dalla mancanza di una programmazione efficace da parte della Regione Puglia. L’obiettivo è portare direttamente nei luoghi decisionali le istanze di chi lavora ogni giorno nei campi".
Il tema non è solo la Xylella. In Puglia, come in tutte le altre regioni, si fanno i conti con il cambiamento climatico. Interessa fortemente, quindi, anche la filiera ortofrutticola. In termini più concreti: "La Puglia è tra le più esposte al rischio siccità e desertificazione, con danni economici stimati dalle associazioni di categoria intorno al miliardo di euro nel 2024. Tuttavia, la transizione ecologica è rimasta uno slogan, privo di strumenti concreti per accompagnare le aziende agricole verso un futuro sostenibile".
La lista sarà presentata ufficialmente entro la metà di ottobre, con un simbolo e un programma costruito attraverso assemblee territoriali e incontri con le comunità rurali. “Abbiamo deciso di trasformare le nostre difficoltà in una proposta”.
Le prime richieste generali sono dedicate ad ottenere "investimenti strutturali per l’irrigazione e la lotta alla desertificazione e tutelare le filiere da fenomeni di illegalità e criminalità rurale". Infine "sostenere l’aggregazione delle imprese per rafforzarne la competitività".
Va bene il sostegno della politica con finanziamenti all'aggregazione, un processo che costa e non è alla portata di tutti, ma non sarebbe meglio aggregarsi senza aspettare i fondi pubblici ed essere così indipendenti da ogni qualsiasi tipo di condizionamento politico?
In altre parole, va bene avere rappresentanti in Regione ma, se continua la grande frammentazione delle aziende, servirà a qualcosa il partito degli agricoltori?