In primo piano e attualità

29 luglio 2025

Dazi, che cosa non torna dell'accordo Usa-Ue

884

Quella dei dazi tra Usa-Ue sembrerebbe una never ending story. A seguito di quello che aveva tutte le sembianze di un accordo tra Usa e Ue, non siamo solo in attesa della lista dei prodotti agroalimentari a dazio zero. A un paio di giorni dalle dichiarazioni congiunte tra Stati Uniti ed Europa a non tornare sembrano esserci una serie di altri aspetti. Le dichiarazioni riepilogative di Stati Uniti e Unione europea in seguito all'accordo commerciale raggiunto domenica 27 luglio, infatti, non collimano: vediamo che cosa non torna.

La dichiarazione dell'Ue

“L’accordo politico del 27 luglio 2025 non è giuridicamente vincolante - si legge in una nota della Commissione europea sull’intesa sui dazi siglata domenica - Oltre a intraprendere le azioni immediate impegnate, l’Ue e gli Usa negozieranno ulteriormente, in linea con le rispettive procedure interne, per attuare pienamente l’accordo politico”.

La nota del Codacons

L’accordo sui dazi siglato tra Stati Uniti e Ue potrebbe determinare, a regime, un incremento dei prezzi al dettaglio in Italia, con una stangata fino a 4,2 miliardi sulla spesa delle famiglie. I calcoli sono dal Codacons, che ha stimato quanto segue. Le minori esportazioni delle impese italiane ed europee verso l’America, se non bilanciate da un incremento dell’export verso Paesi terzi, determinerebbero una riduzione dei profitti per miliardi di euro, che costringerebbe i produttori ad aumentare i prezzi sui propri mercati di attività per compensare le perdite.

L’automotive el’alimentare subiranno un colpo durissimo - dice la nota del Codacons - Ipotizzando a regime un effetto sul tasso generale di inflazione italiano del +0,3% come conseguenza dei dazi al 15%, la spesa delle famiglie italiane, a parità di consumi, aumenterebbe di 2,55 miliardi all’anno.

Ma se l’effetto sull’inflazione fosse più alto, ad esempio del +0,5%, la stangata arriverebbe a complessivi 4,23 miliardi. A tutto ciò, inoltre, si aggiungerebbero effetti negativi su mutui e finanziamenti: un eventuale rialzo dell’inflazione nell’eurozona porterebbe la Bce a invertire la rotta e optare per un aumento dei tassi di interesse, con evidenti danni per chi ha acceso un mutuo a tasso variabile - aggiunge l’associazione. 

"Tuttavia - spiega il Codacons - in tale scenario si salverebbero 25,9 miliardi di prodotti che l’Italia importa ogni anno dagli Stati Uniti: l’Ue ha annunciato infatti lo stop ai controdazi verso i beni made in Usa” con la conseguenza che jeans, cosmetici, ketchup, formaggi, noccioline, cotone, patate, salmone, noci, pompelmi, vaniglia, frumento, tabacco, cacao, cioccolato, succhi di agrumi, vodka, rum, whisky, bourbon, ma anche trattori, consolle, videogiochi, borse, portafogli, ricambi per biciclette, giochi per bambini, per non parlare di famosi Suv e dell’iconica moto Harley Davidson, non subiranno aumenti di prezzo nel nostro Paese".

Ue: "Sull'alimentare decidiamo noi"

"Non modifichiamo le nostre regole, il nostro sistema alimentare, sanitario e di sicurezza, di cui i nostri cittadini si fidano e che ha richiesto decenni per essere costruito. Rimane pienamente e saldamente in vigore". Lo ha detto il portavoce della Commissione europea per il Commercio, Olof Gill, interpellato sulle divergenze con Washington nelle note informative sull'intesa sui dazi. "All'interno di questa architettura, ci sono sempre modi per valutare l'attuazione delle regole. Possiamo semplificare alcune aree ed è il tipo di cose di cui abbiamo parlato con i nostri partner americani. Mi aspetto che nei prossimi giorni si faccia chiarezza su questo punto, mentre prosegue il dialogo per finalizzare la dichiarazione congiunta".

Il peso sul settore

Non sono mancati i bilanci che i dazi avrebbero sul settore alimentare in particolare, partendo da un presupposto: gli Usa sono stati il secondo mercato di sbocco dell’agroalimentare italiano, nel 2024, con quasi 8 miliardi di euro di vendite: l’11,4% dell’export totale, dietro la sola Germania e davanti alla Francia. 

Oltre al vino, le voci che pesano maggiormente, secondo Confagricoltura, sono cereali, riso e derivati, mentre i formaggi valgono quasi mezzo miliardo e oli e grassi arrivano al miliardo, quasi tutto olio d’oliva. Ora la Cia teme che questo venga sostituito con quello di Turchia, Sud America o Tunisia. "Più che un accordo sembra una resa", commenta. 

Determinanti saranno le eventuali esenzioni, così come il posizionamento dei prodotti. Il Parmigiano, che manda negli Usa il 23% del suo export, già subiva un’imposizione del 15 per cento: il punto di caduta non è da disdegnare e il mercato “premium” da conquistare è ampio. I produttori di salumi vedono invece rompersi un trend di crescita del 20%, l’anno scorso, e di perdere 25 milioni. 

I dazi danneggiano prima di tutto l’Emilia Romagna

“L’Emilia Romagna è la regione che esporta di più negli Usa: se venissero confermate le anticipazioni sui contenuti dell’accordo, sarebbe necessario mettere in campo misure compensative per i comparti colpiti. Siamo preoccupati per tutte le nostre Dop e Igp e per il vino: auspico fortemente che ci saranno esenzioni a questi nuovi dazi. Adesso serve un contrattacco deciso che punti a potenziare l’export e a tutelare le filiere colpite e i redditi dei lavoratori”.

Così l’assessore regionale all’Agricoltura e ai Rapporti con l’Unione europea, Alessio Mammi, commenta l’annuncio sull’accordo sui dazi tra Usa ed Europa.   

“Al momento non sappiamo se le tariffe del 15% saranno comprensive dei dazi precedenti o andranno ad aggiungersi a questi andando a comporre un quadro che sarebbe molto preoccupante - prosegue l’assessore - Ma anche nel caso fossero onnicomprensivi, danneggerebbero comunque l’economia, italiana e mondiale, perché essendo tasse aumenteranno l’inflazione e faranno calare il potere d’acquisto, e fanno prevedere a Confindustria un calo dell’export pari a 22 miliardi di euro. A questa situazione vanno sommati anche gli aumenti che imprese e famiglie stanno affrontando a causa della situazione geopolitica e la svalutazione del dollaro, senza considerare quello che resta l’aspetto più grave: la mancanza di chiarezza sulla reciprocità dei dazi e l’indecisione nell’introduzione della cosiddetta web tax che andrebbe a colpire le Big Tech, che continuano a beneficiare di condizioni fiscali incomprensibili se paragonate a quelle delle aziende manifatturiere che creano posti di lavoro e ricchezza in Europa”.

“Sul piano più strettamente politico- sottolinea ancora Mammi - è venuta a mancare un’azione davvero unitaria, forte e condivisa da Parte dell’Unione Europea, che avrebbe permesso di ottenere condizioni migliori, ad esempio facendo rientrare nell’accordo i comparti dei servizi, della finanza, dell’energia, della difesa avrebbe riequilibrato lo squilibrio sulla bilancia commerciale e reso il negoziato più agevole” 

“Adesso è necessario pensare a soluzioni - conclude l’assessore - e prevedere interventi compensativi a favore delle filiere colpite dai dazi che possiamo mettere in campo come Paese e come Unione Europea. Servirebbe possibilmente un nuovo Next Generation Eu, finanziato con debito comune europeo per sostenere le manifatture ad essere competitive. Nel solco indicato dai rapporti Draghi e Letta per la creazione di un vero mercato comune. Agire sulla riduzione del costo del lavoro, la semplificazione e la competitività delle imprese investendo su logistica, energia, tecnologie, dati, ricerca e favorire il rientro di ricercatori, medici, professionisti della conoscenza. Bisogna, inoltre, continuare ad investire negli Stati Uniti, mercato fondamentale e irrinunciabile e che ama i nostri prodotti, e dove l’Emilia Romagna ha record assoluto di export pro capite, ma contemporaneamente esplorare nuovi mercati, come l’Asia del Giappone e della Corea del Sud e il Sud America".

"Ma per aiutare le nostre imprese ad affrontare il duro colpo dei dazi dobbiamo far ripartire la domanda interna, soprattutto in Italia - conclude - Perché il 70% dell’economia del Paese è legato alla domanda interna, quindi è fondamentale attuare una politica di sostegno dei redditi di chi lavora”.

Potrebbe interessarti anche