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Giornata ambiente: ecco le paure degli italiani

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Autore Redazione

L’indagine di Greenpeace Italia. La posizione di Federbio e Cia

Quale emergenza ambientale preoccupa di più gli italiani? Al primo posto inequivocabile la paura dei cambiamenti climatici (20,9%) e dei loro effetti più evidenti come siccità e inondazioni (17,4%), due voci che insieme riguardano quasi 4 italiani su 10, seguite dall’inquinamento dell’aria (10,8%) e dell’acqua (8,9%). È quanto si evince dall’indagine “Le emergenze ambientali e il rischio di estinzione secondo gli italiani“, effettuata da AstraRicerche per Greenpeace Italia, su un campione di 800 italiani di età compresa tra i 15 e i 70 anni, in occasione della Giornata dell’Ambiente che si celebra oggi, lunedì 5 giugno.

Dal 1971 Greenpeace difende l’ambiente da ogni genere di minaccia: inquinamento, cambiamenti climatici, sfruttamento eccessivo delle risorse naturali. Soprattutto, difendendo il loro habitat, difende le persone.

Nelle tante battaglie ambientali che l’associazione porta avanti, la protezione del mare e degli oceani ha avuto e avrà sempre un’attenzione specifica, essendo il mare uno degli elementi più a rischio e da cui dipende la nostra vita sul Pianeta. Nella campagna “C’è di mezzo il mare” appena partita, l’Organizzazione sottolinea come anche l’ecosistema e la biodiversità marini siano in pericolo e fa pressione sul Governo affinché venga ratificato dall’Italia il Trattato per la Protezione degli Oceani, siglato sotto l’egida delle Nazioni Unite, e venga Istituita una rete di aree marine protette nelle acque di sua giurisdizione.

Devolvere il 5×1000 a Greenpeace significa fare vela insieme all’organizzazione ambientalista per la protezione del nostro mare, elemento vitale del nostro habitat. Non è un gesto di beneficenza, ma un atto di sopravvivenza, perché l’ambiente siamo noi.

Una società “multi allarmata” per le minacce alla salute della terra

Dall’indagine di AstraRicerche per Greenpeace Italia emerge il quadro di una società “multi allarmata“, dove tutte le minacce all’ecosistema e alla salute del Pianeta e dell’uomo fanno paura. Secondo lo studio, gli italiani temono anche mancanza di accesso all’acqua potabile (8,5%), impatto delle sostanze chimiche su salute e ambiente (7%), aumento della quantità di rifiuti (6,7%), agricoltura non sostenibile e allevamenti intensivi (5,3%), deforestazione (4,3%), necessità di proteggere le specie e gli ecosistemi (4,1%), erosione del suolo (2,9%).

Sebbene siano i più giovani a lanciare in modo più clamoroso l’allarme per la salute del Pianeta, la ricerca mostra che ad essere più preoccupato per la crisi climatica in atto è chi appartiene alla generazione dei baby boomer, vive nell’Italia Centro-settentrionale e in città medio-grandi. La ricerca conferma comunque anche la consapevolezza e il coinvolgimento della Gen Z: per i ragazzi nati dal 1997 in poi, le prime quattro fonti di preoccupazione (cambiamenti climatici, siccità/inondazioni, inquinamento aria e acqua) sono sostanzialmente equiparabili, collocandosi tutte in un range tra il 15% e il 13%. In questo quadro si evidenzia anche come i più giovani, rispetto alle altre generazioni, esprimano una preoccupazione più marcata per l’inquinamento di aria (13,6%) e acqua (12,6%).

Un mare di guai

La protezione del mare e degli oceani è una delle priorità di Greenpeace. Il riscaldamento globale sta causando un aumento delle temperature delle acque superficiali e profonde, con gravi conseguenze sul mantenimento della loro biodiversità, particolarmente evidenti in un bacino semi chiuso come il Mediterraneo, che negli ultimi 50 anni ha perso circa il 41% dei mammiferi marini che ne facevano parte. La scorsa estate sono state registrate anomalie termiche, positive di circa 2 gradi Centigradi, sia a Portofino che sul versante settentrionale dell’Isola d’Elba, con temperature superficiali che hanno raggiunto, e in alcuni casi superato, i 27 gradi. Sono i dati allarmanti che Greenpeace Italia ha raccolto nell’ambito del progetto Mare Caldo[1], che si inserisce nella campagna globale per la protezione degli oceani.

Greenpeace Italy ha posizionato una stazione di monitoraggio della temperatura del mare lungo le coste della Sardegna, per studiare l’impatto del cambiamento climatico sulla biodiversità marina

“I nostri mari sono in pericolo. I dati raccolti evidenziano un significativo aumento delle temperature, che può ridurre la produttività del mare e avere effetti negativi sugli organismi marini dei fondali” dichiara Alessandro Giannì, Direttore delle Campagne di Greenpeace Italia.

Queste minacce possono tradursi, di fatto, in fenomeni degenerativi irreversibili per uno dei più ricchi polmoni del nostro pianeta, il Mar Mediterraneo, dimora di oltre mille specie marine diverse. Per proteggere il mare e gli animali che lo abitano è partita a inizio settimana la spedizione di Greenpeace Italia “C’è di mezzo il mare”, per documentare la biodiversità e la fragilità dell’ecosistema marino e denunciare i crescenti impatti della crisi climatica e dell’inquinamento da plastica. L’associazione ambientalista chiede, con urgenza, l’istituzione di una rete efficace di aree marine protette pari al 30% dei nostri mari entro il 2030.

Non per beneficenza ma per sopravvivenza

Sostenere l’Organizzazione significa, infatti, intervenire in prima persona per proteggere il Pianeta in cui viviamo e in cui siamo immersi, a cominciare dal Mediterraneo che ci circonda. Una missione che necessita della collaborazione di tutti quanti. Dall’Argentario alle isole dell’arcipelago toscano, dalle isole pontine a Ischia, fino ad aree fortemente impattate dalle attività antropiche come la foce del Volturno, Greenpeace, in questo mese di navigazione, raccoglierà dati sullo stato di salute dei fondali e delle specie marine, sull’aumento delle temperature e l’accumulo di rifiuti in plastica. Alla spedizione parteciperanno ricercatori dell’Istituto per lo studio degli impatti Antropici e Sostenibilità in ambiente marino (IAS) del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma, specializzati nel monitoraggio dell’impatto di rifiuti sui fondali marini, e di Oceanomare Delphis, esperti in monitoraggio e conservazione di cetacei mediterranei.

Il 5×1000 è una quota dell’imposta Irpef che ogni cittadino può scegliere di destinare a un ente che svolge attività di interesse sociale. Non comporta oneri aggiuntivi, dato che il contribuente che compila la dichiarazione dei redditi è in ogni caso tenuto a pagare l’Irpef. Se non si sceglie a chi devolvere il 5×1000, esso verrà comunque trattenuto dallo Stato. Sebbene si tratti di uno strumento abbastanza diffuso, molti ancora non sanno che scegliere di devolvere il 5 per mille non comporta costi aggiuntivi.

Grazie al sostegno di questo strumento fondamentale, Greenpeace Italia potrà continuare a difendere gli oceani e le ultime foreste primarie, a contrastare la crisi climatica e a favorire una rivoluzione energetica, a creare un futuro libero da sostanze tossiche e a promuovere l’agricoltura sostenibile.

Ognuna e ognuno di noi può fare la propria parte per salvare il nostro fragile Pianeta sostenendo la campagna 5×1000 “Non per beneficienza ma per sopravvivenza” di Greenpeace Italia: basta un gesto semplice e gratuito, come apporre una firma sulla propria dichiarazione dei redditi, inserendo il codice fiscale 97 04 663 0584. Maggiori informazioni e approfondimenti su https://5×1000.greenpeace.it/

FederBio: biologico fondamentale per il benessere ambientale

#BeatPlasticPollution è il tema scelto da FederBio per la Giornata mondiale dell’Ambiente. Si tratta di un aspetto centrale nel percorso verso la sostenibilità poiché l’inquinamento da plastica sta pregiudicando l’ambiente terrestre e marino, creando rischi per la salute delle persone.

In occasione di questa importante giornata di sensibilizzazione, FederBio invita a intensificare gli sforzi per salvaguardare gli ecosistemi, un patrimonio fondamentale da preservare per le generazioni future.

Sull’aspetto specifico della plastica, che trova un largo utilizzo anche in agricoltura, FederBio sottolinea che in quella biologica è stata sostituita da soluzioni alternative come le bioplastiche, biodegradabili e compostabili. A conferma dell’impegno in questa direzione, la Federazione ha siglato da tempo un accordo con Assobioplastiche teso a favorire l’impiego di bioteli nelle coltivazioni agroecologiche.

L’agricoltura biologica – che si basa sui principi del benessere, dell’ecologia e dell’equità – rappresenta inoltre un perfetto modello di economia circolare che sostiene e favorisce il benessere del suolo, delle piante, degli animali, degli esseri umani e dell’intero Pianeta.

Anche per le confezioni degli alimenti bio si punta sempre di più a rispettare concetti di economia circolare, attraverso processi improntati alla sostenibilità e all’utilizzo di materiale compostabile e interamente riciclabile.

“La salvaguardia dell’ambiente è una responsabilità di tutti – sottolinea Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio – Ecco perché riteniamo importante promuovere modelli positivi e sensibilizzare i cittadini ad adottare scelte alimentari sostenibili. L’agroecologia, di cui il biologico e biodinamico rappresentano le punte più avanzate, può dare un contributo fondamentale alla tutela dell’ambiente, della biodiversità e al contrasto al cambiamento climatico”.

Cia, agricoltura in prima linea. Solo 7% di emissioni

L’agricoltura oggi pesa solo il 7% sul totale delle emissioni prodotte che si riversano sull’ambiente. Un impegno sulla via della sostenibilità che in Italia va avanti da tempo: diminuisce fortemente l’uso di pesticidi chimici; crescono le superfici biologiche e le agroenergie; si riduce di netto il consumo d’acqua grazie all’irrigazione di precisione; aumenta la manutenzione e la cura del verde, nelle aree rurali e urbane. Così Cia-Agricoltori Italiani, in occasione della Giornata mondiale dell’Ambiente, fa il punto sul settore e rilancia il suo piano per il futuro: l’agricoltura è in pista per realizzare la transizione verde, ma servono più risorse e strumenti adeguati, puntando su innovazione, ricerca, nuove tecnologie genetiche e digitali.

In quest’ottica – spiega Cia – i fondi del Pnrr, fino al 2026, sono essenziali per consentire all’agricoltura di impattare sempre meno su clima e ambiente, tutelando al contempo competitività, reddito, qualità. Questo vuol dire continuare a produrre cibo sano e sicuro per tutti, ma anche assicurare la tenuta e lo sviluppo delle aree rurali, difendendo il paesaggio e la biodiversità; gestendo le risorse idriche; incentivando la produzione di energia da fonti rinnovabili, dal biogas al fotovoltaico sui tetti agricoli; salvaguardando il suolo e i boschi per prevenire il dissesto idrogeologico; migliorando la sostenibilità dei processi produttivi con soluzioni hi-tech; rinnovando il parco macchine con mezzi sempre meno inquinanti.

“Gli agricoltori vogliono essere protagonisti della sfida green – sottolinea il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini – continuando a migliorare la sostenibilità di allevamenti e coltivazioni e valorizzando i servizi ecosistemici del settore primario, ma con una visione dell’agricoltura che tutela l’ambiente senza penalizzare la produzione”.

Fonte: Legambiente – Federbio – Cia

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