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Frutta a guscio ed essiccata

Trentino e frutta a guscio, un binomio possibile

Fondazione Edmund Mach ha fatto il punto sulle prospettive di mercato, anche alla luce della valorizzazione offerta dalla ricerca

Castagno e noce, ma più in generale la frutta a guscio, sono stati i protagonisti dell’incontro organizzato ieri dalla Fondazione Edmund Mach (Fem) nell’ambito del Festival dell’Economia di Trento.

Una occasione per fare il punto sull’attuale prospettiva di mercato della frutta a guscio, anche alla luce degli sviluppi sulla valorizzazione di questo settore offerti dalla ricerca, in particolare in ambito regionale.

“In Italia c’è spazio per produzioni di ottime noci locali e tradizionali, nonché per aprire a maggiori produzioni di mandorle e pistacchio. I consumi nazionali sono molto importanti, essendo l’Italia uno dei maggiori paesi consumatori europei”, ha detto Giuseppe Calcagni, presidente del Comitato sostenibilità, scientifico e affari governativi dell’International Nut and Dried Fruit Foundation Council, il Consiglio internazionale della frutta secca e frutta disidratata che raggruppa oltre 700 operatori di frutta secca e frutta essiccata in tutto il mondo.

Valorizzare la noce del Bleggio

A proposito di noci locali, Erica Di Pierro, ricercatrice Fem, ha illustrato l’attività di ricerca condotta dalla Fondazione Edmud Mach per la valorizzazione e caratterizzazione in particolare della noce del Bleggio: “La coltura del noce da frutto in Trentino caratterizza il paesaggio locale e l’identità culturale – ha spiegato Di Pierro – La ricerca evidenzia come le varietà locali offrano una preziosa diversità genetica e proprietà qualitative, cruciali per un mercato di prodotti tipici e di elevata qualità”.

Coltivare castagne in Trentino

Quinta essenza arborea presente sul territorio per densità di superficie considerando le piante coltivate e quelle presenti in ambiente boschivo, solo nella provincia di Trento il settore castanicolo coinvolge circa 1.600 produttori. La Fem, in stretta collaborazione con la filiera castanicola locale, con altre realtà produttive e scientifiche nazionali e internazionali, sta lavorando da diversi anni in questo settore per garantirne e migliorarne la produttività e arginare le problematiche.

Le opportunità della coltivazione del castagno in Trentino sono state al centro dell’intervento della ricercatrice Fem, Luisa Palmieri: “Il castagno e la sua filiera rappresentano una importante risorsa per il territorio nazionale e locale che va sostenuta e innovata. Nonostante le problematiche, rimane un patrimonio colturale e culturale in grado di fornire un interessante reddito accessorio e un bene paesaggistico unico nel suo genere”.

Castagno e climate change

Giacomo Gatti del Centro Sperimentazione Laimburg, che sta studiando le strategie di conservazione del castagno, si è occupato della sperimentazione a favore dei castanicoltori per affrontare cambiamento climatico e richieste di mercato illustrando l’esperienza in Alto Adige.

“Come tante altre colture anche il castagno non è esente dagli effetti del cambiamento climatico: questo ha comportato negli ultimissimi anni una recrudescenza di patologie già note ma considerate minori. Contenerle è possibile anche senza trattamenti in campo ma per fare ciò è necessario che la catena del freddo sia mantenuta dalla raccolta sino al consumo, coinvolgendo quindi tutti gli anelli della filiera, inclusi i commercianti e gli acquirenti finali. Se il clima cambia anche noi siamo chiamati a cambiare le nostre abitudini. Il castagno è un frutto fresco, e non secco, e come tale va trattato”, ha concluso Giacomo Gatti.

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