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L’accusa di Greenpeace. Abuso di pesticidi nelle mele in Europa. Italia compresa

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Autore Redazione

Analisi sulle mele acquistate nella Gdo in 11 Paesi. L’83% contiene almeno un residuo

È tutto nella norma, come la stessa associazione internazionale ammette, ma nonostante questo, secondo Greenpeace, i risultati delle analisi contenute nel rapporto “Pesticide application as routine in EU apple production” (vedi qui) dimostrano come “i pesticidi chimici sono una presenza troppo frequente nei nostri alimenti”. E sul sito di Greenpeace il titolo dell’articolo (vedi qui) con il quale viene lanciato il rapporto pubblicato mercoledì 21 ottobre, non va certo per il sottile: “Mele al sapor di pesticidi”.

Di cosa si tratta? Greenpeace ha acquistato mele in 23 catene della grande distribuzione europea di 11 Paesi, Italia compresa: 126 campioni, 109 dei quali prodotti in modo convenzionale, mentre i rimanenti a certificazione biologica. I risultati delle analisi, condotte da un laboratorio indipendente e che andavano a caccia di eventuali residui di pestici, nell’83% dei casi hanno rilevato la presenza di almeno un residuo, mentre nel 60% le sostanze chimiche presenti salgono a due o più (nel caso di un campione di mele acquistato in Bulgaria sono stati rilevati 8 residui).

“Metà dei pesticidi rilevati nelle mele convenzionali – continua Greenpeace – hanno effetti tossici noti per organismi acquatici come i pesci, ma anche per le api e altri insetti utili. Molte di queste sostanze chimiche sono bioaccumulabili, hanno impatti negativi sulla riproduzione o altre proprietà pericolose”.

Per quanto riguarda l’Italia i campioni sono stati acquistati in punti vendita a insegna Auchan, Carrefour e Lidl, mentre per quanto riguarda le mele biologiche l’acquisto è avvenuto presso NaturaSì. “Nella maggior parte dei campioni era presente almeno il residuo di un pesticida: in un campione acquistato presso Lidl sono stati trovati residui di tre pesticidi”. Sempre secondo i risultati delle analisi, nessun campione biologico conteneva residui rilevabili. Secondo Greenpeace questo studio dimostra come sia urgente “allontanarsi dall’attuale modello agricolo, dipendente da un uso eccessivo di prodotti chimici di sintesi”.

Non è mancata la replica da parte di Agrofarma – l’associazione nazionale imprese agrofarmaci – secondo la quale le analisi alle quali fa riferimento Greenpeace non si riferiscono ai controlli effettuati da autorità designate come competenti in materia, vale a dire Ministero della Salute in Italia ed EFSA in Europa. Anzi, queste ultime, nei loro report recenti avrebbero affermato il contrario ponendo l’Italia tra i Paesi virtuosi su questo tema. “Nel suo report – afferma Agrofarma – il ministero ricorda inoltre che il superamento occasionale di un limite legale non comporta un pericolo per la salute. Gli eventuali residui di fitofarmaci rilevati, infatti, rappresentano una percentuale molto inferiore rispetto al livello di guardia preso come riferimento per assicurare la qualità igienico-sanitaria degli alimenti. I dati riportati evidenziano gli elevati standard di regolarità dei cibi che arrivano sulle nostre tavole, rassicurando dunque gli italiani sulla sicurezza di ciò che mangiano”.

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